Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha annunciato il trasferimento di 1.000 soldati transgender dall’esercito, a seguito di una nuova direttiva emanata dal Pentagono. La decisione, sostenuta da una recente sentenza della Corte Suprema, ha suscitato forti critiche da parte di attivisti per i diritti civili e organizzazioni internazionali. Secondo il Segretario alla Difesa, il provvedimento impone ai militari transgender di dichiarare il proprio status entro 30 giorni, dopo i quali saranno avviate le procedure di trasferimento. Il Pentagono ha motivato la misura come necessaria per ottimizzare le forze armate, ma i detrattori la considerano una forma di discriminazione istituzionalizzata. La decisione rappresenta un netto cambio di rotta dopo anni di dibattiti sulla presenza delle persone transgender nelle forze armate. Durante l’amministrazione precedente, era stato abolito il divieto di arruolamento per le persone transgender, permettendo loro di servire apertamente. Tuttavia, il nuovo ordine esecutivo afferma che la loro presenza potrebbe compromettere la prontezza operativa delle truppe. Le reazioni internazionali non si sono fatte attendere. Organizzazioni per i diritti umani hanno condannato la misura come un attacco ai diritti della comunità LGBTQ+, mentre diversi governi europei hanno espresso preoccupazione per le possibili conseguenze. Anche il Congresso sta valutando interventi per contrastare la direttiva, con alcuni legislatori che spingono per una revisione immediata della politica. La questione rimane aperta e potrebbe avere implicazioni significative sia per il futuro delle forze armate statunitensi sia per la tutela dei diritti delle persone transgender nel Paese.