Mentre il ruolo delle potenze internazionali, dagli Stati Uniti alla Francia, continua a evolvere tra mediazioni e dichiarazioni politiche, la crisi in Medio Oriente si intensifica su più fronti, con Israele impegnato in operazioni militari a Gaza e in Libano. L’Idf ha rivendicato l’uccisione di Khaled Ahmad al-Ahmad, comandante di Hamas in Libano, durante un attacco a Saida. L’operazione, avvenuta all’alba nei pressi della moschea Imam Ali, è stata confermata dall’esercito israeliano, che ha dichiarato di aver eliminato un terrorista coinvolto in numerosi attacchi contro civili e soldati israeliani. Hamas ha definito l’evento come il martirio di uno dei suoi leader militari. L’episodio segna un punto critico nelle relazioni tra Israele e Libano, già tese a causa del sostegno di Hezbollah ad Hamas e delle precedenti operazioni militari israeliane nella regione. Intanto la situazione a Gaza si fa sempre più drammatica. Mercoledì, gli attacchi aerei israeliani hanno colpito la scuola Karama nel sobborgo di Tuffah, causando la morte di 13 persone, tra cui il giornalista Nour Abdu. Gli attacchi aerei su un’altra scuola, che ospitava sfollati nel centro della Striscia, hanno provocato almeno 29 vittime, tra cui donne e bambini. Israele ha dichiarato di aver colpito terroristi che operavano da un centro di comando all’interno del complesso scolastico. A Khan Younes, otto membri della famiglia al-Qidra, inclusi bambini, sono morti in un attacco aereo. Complessivamente, i bombardamenti hanno causato 26 morti in un solo giorno, secondo la Difesa civile palestinese. Intanto i negoziati, mediati da Egitto e Qatar con molte difficoltà, sembrano restare a un punto morto. Bassem Naïm, membro dell’ufficio politico di Hamas, ha dichiarato mercoledi di voler raggiungere un “accordo globale e completo”, respingendo i tentativi di imporre un “accordo parziale” prima della visita di Donald Trump in Medio Oriente.
Crisi umanitaria e denunce internazionali
Intanto la situazione umanitaria resta critica, e le prospettive di pace appaiono lontane, in un contesto sempre più segnato da tensioni etniche e geopolitiche. Volker Türk, Alto Commissario ONU per i diritti umani, ha denunciato l’escalation di violenza come un’ulteriore dimostrazione di odio e disumanizzazione. Anche l’Unione Europea ha espresso preoccupazione, chiedendo la fine del blocco a Gaza e l’invio immediato di aiuti umanitari. Il premier palestinese Mohammad Mustafa ha accusato Israele di aver deliberatamente causato una carestia come strumento di guerra, definendola un crimine umanitario. In risposta, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha dichiarato che l’Italia è impegnata nel portare aiuti diretti attraverso il programma Food for Gaza, in collaborazione con il Programma Alimentare Mondiale, bypassando Hamas per garantire che gli aiuti raggiungano direttamente i civili.
24 ostaggi vivi, Israele smentisce Trump
Israele ha confermato che 24 ostaggi sono ancora vivi a Gaza, smentendo le affermazioni del presidente americano Donald Trump, che aveva indicato il numero a 21, suscitando preoccupazione tra i familiari degli ostaggi. Gal Hirsch, coordinatore israeliano per le questioni legate agli ostaggi, ha chiarito che Hamas detiene in totale 59 persone, di cui 24 vive e 35 decedute, precisando che il numero non è cambiato rispetto a prima delle dichiarazioni di Trump. Le famiglie, allarmate dalle parole del presidente statunitense, hanno richiesto al governo israeliano aggiornamenti immediati e l’interruzione della guerra fino al rilascio degli ostaggi.
Tregua tra Usa e Houthi, ma non con Israele
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato un cessate il fuoco tra Usa e Houthi, confermato dal ministro degli Esteri omanita Badr al-Boussaïdi. Tuttavia, il gruppo ribelle yemenita ha precisato che la tregua non include Israele. Intanto, raid israeliani sull’aeroporto di Sana’a hanno causato tre morti e 38 feriti, distruggendo tre aerei e devastando l’intera struttura. Gli Houthi hanno dichiarato che continueranno a sostenere la resistenza palestinese e a opporsi alla presenza israeliana nella regione, sottolineando che la tregua con gli Stati Uniti non implica alcun cambiamento nella loro politica verso Israele.
Siria: al-Sharaa in Francia
Il leader siriano Ahmed al-Sharaa si trova in Francia per il suo primo viaggio europeo dopo la caduta di Bashar al-Assad, in cerca di supporto internazionale per stabilizzare il paese. La visita segna una svolta diplomatica per il nuovo governo siriano, anche se Parigi mantiene una linea cauta, rifiutandosi di concedere un sostegno incondizionato. Il ministro degli Esteri francese, Jean-Noel Barrot, ha dichiarato che ogni decisione verrà presa alla luce delle azioni concrete del nuovo governo siriano, esprimendo preoccupazione per la possibile recrudescenza del terrorismo islamista nella regione.