lunedì, 28 Aprile, 2025
Esteri

Gaza: spiragli al Cairo, ma il bilancio delle vittime continua a crescere. Nella striscia si muore di fame per il blocco degli aiuti voluto da Israele

Hamas: “Liberi tutti gli ostaggi in cambio di 5 anni di tregua”, si attende la risposta di Tel Aviv

Mentre la Striscia di Gaza continua a contare i morti tra crisi umanitaria e bombardamenti israeliani, si moltiplicano i segnali di un possibile accordo di tregua. Il premier del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman al-Thani, ha parlato di “progressi” nei negoziati per un cessate il fuoco a Gaza. I colloqui si svolgono a Doha, dove nei giorni scorsi si è recato anche il capo del Mossad, David Barnea. Durante una conferenza stampa congiunta, il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan ha sottolineato che Hamas appare più incline a negoziare una soluzione di lungo termine e non solo un fragile cessate il fuoco. Ankara continua a insistere sulla necessità di una soluzione fondata sulla creazione di due Stati. Nel frattempo, l’Egitto ha messo sul tavolo una proposta per un cessate il fuoco definitivo. Secondo fonti di sicurezza, l’accordo prevedrebbe il ritiro di Hamas dall’amministrazione di Gaza con garanzie internazionali che escludano rappresaglie contro i suoi membri. In caso di intesa, i combattenti di Hamas dovrebbero lasciare la Striscia, e l’implementazione dell’accordo richiederebbe circa 45 giorni.

Verso un accordo globale

Secondo quanto riferito da Al Arabiya, il piano negoziale in discussione prevede il rilascio in un’unica tranche di tutti i prigionieri, il progressivo ritiro delle truppe israeliane e la creazione di un comitato internazionale per la ricostruzione di Gaza. Le garanzie di sicurezza dovrebbero coprire un periodo compreso tra i cinque e i sette anni. Hamas ha espresso la necessità di fermare l’escalation militare per proteggere la sicurezza dei prigionieri. La delegazione del gruppo islamista, guidata da Mohamed Daruish e comprendente altri leader di primo piano, ha lasciato il Cairo dopo aver presentato proposte che includono il disarmo e il ritiro completo dall’amministrazione della Striscia. Tuttavia, alcune fazioni interne a Gaza continuano a opporsi, minacciando di far naufragare i progressi compiuti.

L’emergenza umanitaria si aggrava

Ma intanto il bilancio delle vittime a Gaza si fa sempre più drammatico. Nelle ultime 24 ore, almeno 51 persone sono morte sotto i bombardamenti israeliani, mentre il numero ufficiale dei morti dall’inizio del conflitto, il 7 ottobre 2023, è salito ad almeno 52.423, con oltre 117.000 feriti. Inoltre, sono stati aggiunti retroattivamente 697 nomi alla lista dei caduti, in seguito al completamento delle verifiche sulle persone inizialmente considerate disperse. Le agenzie umanitarie temono una catastrofe su larga scala. L’Unrwa denuncia che dal 2 marzo Israele ha bloccato l’ingresso di aiuti umanitari e forniture commerciali nella Striscia, aggravando la crisi alimentare. “La popolazione è intrappolata in un ciclo mortale di violenza e privazioni”, ha dichiarato l’agenzia, chiedendo con forza la fine dell’assedio.

Israele minaccia una nuova escalation

Israele prepara invece un’ulteriore espansione della propria offensiva. L’Idf (Forze di Difesa Israeliane) ha annunciato di essere pronta a mobilitare un gran numero di riservisti e ad ampliare le operazioni in nuove aree di Gaza se i negoziati per il rilascio degli ostaggi continueranno a ristagnare. Dal 18 marzo, Israele ha colpito più di 1.800 obiettivi nella Striscia e stima di aver ucciso oltre 400 membri di gruppi armati, tra cui decine di comandanti politici e militari di Hamas.

Tensioni in Iran e Yemen

Al di fuori della Striscia di Gaza, la tensione rimane alta in tutto il Medio Oriente. In Iran, il porto di Bandar Abbas è tornato operativo dopo l’esplosione che aveva paralizzato le attività. Intanto nello Yemen, gli Houthi hanno denunciato nuovi attacchi aerei statunitensi contro Sanaa e altre località sotto il loro controllo. Secondo l’agenzia di stampa ribelle Saba, almeno otto persone, tra cui due bambini, sono rimaste ferite nei bombardamenti americani. Gli Houthi, che controllano gran parte del nord del paese, accusano Washington di colpire anche infrastrutture strategiche come il porto petrolifero di Ras Issa, già teatro di bombardamenti nelle settimane precedenti con decine di vittime.

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