Per la prima volta, un team di ricerca delle Università di Pisa ha dimostrato che anche gli zebrafish – piccoli pesci d’acqua dolce famosi per le loro capacità sociali e la sorprendente somiglianza genetica con l’uomo – sono capaci di ʼcontagiarsiʼ sbadigliando. Un comportamento che, fino a oggi, era stato osservato solo in mammiferi e uccelli, lasciando credere che fosse un’esclusiva degli animali a sangue caldo con sistemi sociali particolarmente evoluti. La scoperta, pubblicata sulla rivista Communications Biology, apre nuovi scenari sull’origine evolutiva del contagio dello sbadiglio e suggerisce che questo fenomeno di “risonanza motoria” potrebbe avere radici molto più antiche di quanto si pensasse, risalendo a oltre 200 milioni di anni fa.
Gli scienziati pisani hanno esposto alcuni zebrafish a video in cui altri esemplari sbadigliavano. La risposta è stata chiara: i pesci osservatori tendevano a sbadigliare a loro volta, con una frequenza quasi doppia rispetto a quanto accadeva durante la visione di video di controllo, dove si osservavano normali comportamenti respiratori. L’effetto era perfettamente paragonabile a quello documentato nell’uomo e in altri animali a sangue caldo.
Coesione sociale
Non solo: spesso il gesto dello sbadiglio nei pesci era accompagnato da una sorta di ʼstiracchiamentoʼ – tecnicamente noto come pandiculazione – che nei vertebrati superiori aiuta a ripristinare la prontezza neuromuscolare prima di un cambiamento motorio, come una variazione nella direzione del nuoto. Ma perché degli animali come gli zebrafish dovrebbero sbadigliare in modo sincronizzato? La risposta, spiegano gli autori dello studio, si trova nella natura sociale di questi pesci.
“La sincronizzazione tra individui è fondamentale per i banchi di pesci” spiega Elisabetta Palagi, professoressa del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa. “Coordinarsi significa aumentare la vigilanza, ottimizzare la ricerca del cibo e migliorare le strategie difensive contro i predatori. In quest’ottica, il contagio dello sbadiglio appare come un raffinato strumento di coesione sociale”.
Radici evolutive profonde
Oltre all’aspetto sociale, la scoperta offre spunti profondi anche sul piano evolutivo. “Due sono le ipotesi principali” sottolinea Massimiliano Andreazzoli, anch’egli del Dipartimento di Biologia. “Il contagio dello sbadiglio potrebbe essere un tratto ancestrale, nato nei primi vertebrati sociali e mantenuto da alcune linee evolutive fino a oggi. Oppure potrebbe essersi sviluppato in modo indipendente in specie diverse, a dimostrazione dell’importanza cruciale della coordinazione sociale nella sopravvivenza”.
Una ricerca ad alta tecnologia
Il progetto ha visto coinvolti anche giovani ricercatori e studenti come Alice Galotti e Matteo Digregorio, dottorandi in Biologia, e Sara Ambrosini, studentessa magistrale. Fondamentale è stato il contributo del professor Donato Romano, esperto di robotica bioispirata, e di Gianluca Manduca della Scuola Superiore Sant’Anna, che hanno sviluppato un sofisticato modello di deep learning capace di distinguere con grande precisione gli sbadigli autentici dai semplici atti respiratori. Un approccio tecnologico che ha reso le osservazioni oggettive e i risultati replicabili.