domenica, 20 Aprile, 2025
Esteri

Attacchi israeliani a Gaza, 30 morti. NYT: “Trump ha fermato un attacco israeliano contro l’Iran a maggio”

Sabato a Roma i colloqui Usa-Iran. Gantz: “Israele deve e può eliminare la capacità nucleare di Teheran”. Hamas: “A breve la risposta alle proposte israeliane, ma niente disarmo”

Nel pieno di un conflitto che continua a insanguinare la Striscia di Gaza, con pesanti accuse di crimini umanitari e uno scenario regionale sempre più teso, prende forma a Roma un delicato dialogo tra Stati Uniti e Iran sul nucleare. Ieri gli attacchi aerei israeliani hanno mietuto decine di vittime tra la popolazione civile della Striscia di Gaza. Secondo fonti palestinesi, almeno 30 persone sono morte in una serie di raid che hanno colpito tende di sfollati, campi profughi e persino una scuola dell’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. Particolarmente grave l’attacco nel sud della Striscia, nell’area di Al-Mawasi vicino a Khan Younis, dove due missili israeliani hanno centrato un gruppo di tende, uccidendo almeno 25 persone, tra cui numerosi donne e bambini, e ferendone altre 23. Pochi chilometri più a nord, a Beit Lahia, un altro bombardamento ha causato sette morti e tredici feriti. Non sono risparmiati nemmeno gli ospedali: un attacco al Kuwaiti Field Hospital, ospedale da campo kuwaitiano, ha causato il ferimento di almeno dieci persone, compreso personale medico. L’Organizzazione Mondiale della Sanità riferisce che solo 21 dei 36 ospedali della Striscia sono ancora parzialmente funzionanti. Il resto è stato danneggiato o distrutto. Le immagini che circolano mostrano ambulanze sovraccariche, medici che operano in condizioni estreme, bambini estratti dalle macerie. L’Onu denuncia che Israele nega l’accesso al 66% delle missioni umanitarie. Solo due su sei, nei giorni scorsi, hanno ottenuto il permesso di entrare nella Striscia.

Blocco degli aiuti e “zone di sicurezza”

Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha annunciatoinfatti lo stop alla distribuzione degli aiuti umanitari, affermando che dovrà essere creata una rete di distribuzione autonoma che escluda Hamas. Israele ha ampliato le cosiddette “zone cuscinetto”, che ora coprono circa il 20% del territorio della Striscia. Ma secondo l’Ong israeliana Breaking the Silence, composta da ex riservisti delle forze armate, ciò che Tel Aviv definisce sicurezza è in realtà “pulizia etnica”: “Le truppe israeliane occupano ormai il 36% della Striscia di Gaza, e la volontà è quella di rendere questa occupazione permanente. Non si tratta di sicurezza, ma di controllo. Distruzione e sfollamento non creano sicurezza”, denuncia l’organizzazione.

Hamas: no al disarmo. Cresce la protesta.

Dal canto suo, Hamas ha fatto sapere che a breve fornirà la sua risposta alla proposta israeliana per una tregua, ma esclude ogni ipotesi di disarmo: “Le armi non sono negoziabili”, ha dichiarato un funzionario del gruppo. Ma all’interno della stessa Gaza la tensione monta. A Beit Lahia, nel nord, migliaia di palestinesi sono scesi in piazza per protestare contro Hamas. I video diffusi sui social mostrano manifestanti che gridano: “Gaza è umiliata”, “Vogliamo vivere in pace”, “No al terrorismo”. È una frattura interna sempre più evidente in un territorio lacerato non solo dalla guerra ma anche dalla gestione autoritaria di chi lo governa.

Trump ha fermato un attacco all’Iran

Secondo un’inchiesta del New York Times, Israele avrebbe voluto attaccare i siti nucleari iraniani a maggio, ma l’amministrazione Trump ha bloccato il piano. Il presidente ha preferito seguire la via diplomatica e ha proposto a Benjamin Netanyahu, in visita a Washington, la riapertura dei negoziati con Teheran. La scelta americana di rinunciare all’intervento armato non è stata ben accolta da tutti. Il leader centrista Benny Gantz, ex capo di Stato Maggiore israeliano, ha dichiarato che “Israele può e deve eliminare la minaccia nucleare iraniana”. In un messaggio pubblicato sui social ha scritto: “Il regime iraniano è maestro nell’arte del temporeggiare. È ora di cambiare il Medio Oriente, anche con la forza”. Parole che suonano come un’esortazione a non fidarsi troppo della diplomazia, ma che cozzano con la linea attuale adottata da Tel Aviv, frenata più dagli equilibri geopolitici che da reali ripensamenti strategici.

Colloqui Iran-Usa a Roma

La decisione americana è maturata anche grazie alla disponibilità manifestata dall’Iran, che ha accettato un primo incontro a Muscat, in Oman, il 12 aprile, e si appresta a partecipare a un secondo round di colloqui sabato prossimo a Roma. A rappresentare gli Stati Uniti sarà nuovamente Steve Witkoff, inviato speciale del presidente Trump per il Medio Oriente. Da parte iraniana parteciperà il ministro degli Esteri Abbas Araghchi, che ha però già messo in chiaro un punto fermo: “L’arricchimento dell’uranio non è negoziabile”. Lo stesso Araghchi si è recato in queste ore a Mosca per consegnare un messaggio scritto della Guida Suprema, Ali Khamenei, a Vladimir Putin e rafforzare la cooperazione bilaterale.

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