Nel mezzo di una crisi globale che intreccia conflitti regionali, tensioni internazionali e sofferenze umanitarie, l’attenzione del mondo resta puntata sulla Striscia di Gaza, dove proseguono i negoziati tra Israele e Hamas per una tregua temporanea e il rilascio di ostaggi. Secondo le ultime indiscrezioni, Tel Aviv avrebbe avanzato una proposta che prevede la liberazione di dieci ostaggi in cambio di un cessate il fuoco della durata di 45 giorni. Durante la tregua, i valichi di frontiera verrebbero riaperti per consentire l’ingresso di aiuti umanitari, mentre le forze israeliane si ritirerebbero nelle posizioni occupate prima del 2 marzo. In una fase successiva, si discuterebbe di un cessate il fuoco permanente, del disarmo di Hamas e della futura governance di Gaza. Hamas, che sta valutando la proposta, ha dichiarato per voce del dirigente Taher al-Nounou di essere pronta a rilasciare tutti gli ostaggi se si otterranno garanzie per la cessazione della guerra e il ritiro dell’esercito israeliano dalla Striscia. Secondo quanto riportato da Al-Araby Al-Jadeed, l’Egitto avrebbe inoltre proposto una tregua più estesa, della durata di 70 giorni, con il rilascio di nove ostaggi vivi e la consegna delle salme di tre cittadini statunitensi detenuti da Hamas. Anche questa proposta è al vaglio dei mediatori.
Proteste a Gerusalemme
A Gerusalemme, centinaia di manifestanti si sono radunati davanti all’abitazione di Ron Dermer, ministro degli Affari strategici e capo della nuova squadra negoziale per la liberazione degli ostaggi. La polizia ha arrestato cinque persone, tra cui un minorenne, per essersi avvicinate troppo all’abitazione. I manifestanti chiedono un’azione decisa per liberare i 59 ostaggi ancora nelle mani di Hamas, anche se secondo fonti militari israeliane solo 24 di loro sarebbero ancora in vita. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha confermato in una telefonata ai genitori di Eitan Mor (catturato durante il rave del 7 ottobre) che il governo sta lavorando a un accordo per il rilascio di dieci prigionieri. Tuttavia, la proposta non soddisfa le famiglie, che continuano a chiedere il rilascio simultaneo di tutti gli ostaggi. «Non ci accontenteremo di un accordo parziale», hanno ribadito i genitori di Mor, fondatori del Tikva Forum, gruppo alternativo alle organizzazioni ufficiali di sostegno ai familiari.
l’ospedale Battista fuori servizio
In seguito all’attacco aereo israeliano che ha colpito l’ospedale Al-Ahli, gestito dalla diocesi episcopale di Gerusalemme, proprio nel giorno della Domenica delle Palme, risultano fuori servizio il pronto soccorso, la farmacia e numerosi reparti. Il bombardamento, il quinto dall’inizio del conflitto secondo l’ONG Medical Aid for Palestinians, ha costretto il personale a evacuare oltre 100 pazienti. Una bambina è morta durante l’evacuazione, mentre molti feriti sono stati sistemati all’aperto, dormendo per strada. «Niente è sicuro a Gaza», ha detto Mohammad Abu Nasser, uno dei pazienti sopravvissuti. L’esercito israeliano ha giustificato il raid sostenendo di aver colpito un centro di comando di Hamas, accusa che il gruppo islamista ha però smentito.
Raid Usa nello Yemen
Sul fronte Yemenita, sei persone sono morte e almeno 26 sono rimaste ferite in seguito a presunti attacchi aerei statunitensi nei pressi di Sanaa. Secondo i ribelli Houthi, i raid, risposta americana agli attacchi contro la navigazione nel Mar Rosso, avrebbero colpito una fabbrica di ceramiche nel quartiere di Bani Matar. Dallo scorso marzo, i bombardamenti americani avrebbero causato oltre 120 vittime. I ribelli affermano anche di aver abbattuto un altro drone MQ-9 Reaper nella provincia di Hajjah, il quarto in due settimane. Il Comando Centrale statunitense non ha commentato, ma la Casa Bianca aveva già autorizzato l’intervento militare contro gli Houthi come forma di deterrenza in difesa delle rotte marittime commerciali.
L’Unione Europea rafforza il sostegno ai palestinesi
Mentre i fronti militari si moltiplicano, l’Unione Europea annuncia un nuovo impegno a favore della popolazione palestinese. L’Alta rappresentante per la Politica estera Kaja Kallas ha annunciato su X un piano di sostegno da 1,6 miliardi di euro fino al 2027. L’obiettivo è stabilizzare Gaza e la Cisgiordania, investendo in infrastrutture essenziali, aiuti umanitari e supporto ai rifugiati. Kallas ha ribadito il diritto di Israele a difendersi, ma ha anche ammonito che le operazioni in corso a Gaza «vanno oltre la proporzionalità» della legittima difesa. Un messaggio chiaro, che conferma il crescente disagio europeo per le modalità dell’intervento militare israeliano.