Dopo tre anni di disimpegno progressivo, gli investitori stranieri sono tornati a puntare con decisione sul debito pubblico italiano, segnando un’inversione di tendenza significativa nel panorama finanziario nazionale. Secondo un’analisi del Centro studi di Unimpresa, nel 2024 gli operatori esteri detengono 923,8 miliardi di euro in titoli di Stato italiani (tra Btp, Bot e Cct) pari al 31,1% del totale in circolazione, la quota più alta dal 2020. Una crescita netta rispetto al 27,7% del 2023, al 26,8% del 2022 e al 29,2% del 2021. In termini assoluti, si tratta di un incremento di quasi 130 miliardi in un solo anno, che riporta il coinvolgimento estero verso quota 1.000 miliardi, soglia che potrebbe essere raggiunta nel breve periodo, complice un mix favorevole di stabilità politica, rendimento reale positivo e fiducia nei fondamentali macroeconomici del Paese.
Accanto al ritorno dei capitali internazionali, l’analisi sottolinea il crescente ruolo delle famiglie italiane, la cui quota di detenzione del debito pubblico ha raggiunto il 14,2% nel 2024, pari a 421 miliardi di euro, quasi il doppio rispetto ai 232 miliardi del 2020. Una crescita alimentata dalla strategia del Tesoro di diversificare gli strumenti di emissione, puntando su prodotti specificamente pensati per i risparmiatori retail, come Btp Valore e Btp Futura, con cedole crescenti, premi fedeltà e vantaggi fiscali.
Un debito che sfiora i 3.000 miliardi
Come spiega la Presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara, “il successo di queste nuove emissioni ha intercettato la domanda di sicurezza e rendimento stabile da parte dei piccoli investitori, in un contesto di tassi bancari ancora poco competitivi e di mercati finanziari volatili”. Nel complesso, il debito pubblico italiano ha toccato i 2.966,6 miliardi di euro nel 2024, in crescita rispetto ai 2.869,6 miliardi del 2023 e ai 2.578,2 miliardi del 2020. A cambiare, però, non è solo il volume complessivo, ma soprattutto la composizione dei sottoscrittori, oggi più bilanciata e articolata rispetto al passato.
Banca d’Italia, che nel 2022 aveva raggiunto il picco del 26,1% in piena fase espansiva della BCE, nel 2024 è tornata al 21,6%, livello identico a quello del 2020. In termini assoluti, la sua esposizione è scesa da 695,5 miliardi a 642,1 miliardi. Le banche italiane continuano a ridurre progressivamente la loro presenza: da 655 miliardi nel 2020 (25,4%) a 601,5 miliardi nel 2024 (20,3%), in linea con strategie di alleggerimento dei bilanci e contenimento dei rischi.
Anche le Sgr, fondi pensione e assicurazioni hanno mantenuto livelli stabili in valore assoluto (da 362,5 a 378,2 miliardi), ma in termini percentuali la loro quota è calata dal 14,1% al 12,7%, per effetto della crescita del debito complessivo.
Una trasformazione positiva
Il risultato di questa evoluzione è una maggiore diversificazione del portafoglio di detentori del debito italiano. Se fino a pochi anni fa dominavano Banca d’Italia e istituzioni bancarie, oggi emerge una struttura più solida e resiliente, con una presenza crescente dei privati e dei capitali internazionali. Una trasformazione che, secondo Unimpresa, può rafforzare la stabilità del mercato del debito sovrano, rendendolo meno esposto a shock esterni e più dinamico nella gestione delle nuove emissioni. La ritrovata fiducia da parte degli investitori internazionali, in particolare, è legata alla percezione di affidabilità dell’Italia nel rispettare gli impegni di bilancio e alle prospettive favorevoli sul fronte macroeconomico, inclusa una inflazione in rallentamento e una politica fiscale prudente.