sabato, 12 Aprile, 2025
Agroalimentare

Dazi. Cia-Agricoltori: negoziare e intervenire su burocrazia

Il presidente Fini a Palazzo Chigi: consolidare ed esplorare nuovi mercati. Ora revisione OCM vino

Italia capofila di una de-escalation per negoziare con una sola voce in Europa. L’obiettivo per la CIA Agricoltori è scongiurare una guerra commerciale “per agire sugli ostacoli burocratici e amministrativi che frenano la competitività delle imprese all’interno dell’Ue; esplorare e consolidare nuovi mercati oltreoceano; introdurre un Fondo comune “azzera dazi” per interventi di compensazione economica e produttiva”.
Sono queste le 4 direttrici della strategia di sistema illustrata dal presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, all’incontro a Palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni, per fronteggiare gli effetti delle tariffe di Trump sul settore agroalimentare Made in Italy. “È chiaro che la prima azione non può che essere negoziale”, osserva Fini, “Serve un’azione diplomatica forte e unitaria dell’Europa per trovare una soluzione e non compromettere i traguardi raggiunti finora. In questa partita, l’Italia può e deve essere capofila delle trattative per una de-escalation, visto che abbiamo anche più da perdere”. Gli Usa, infatti, con quasi 8 miliardi valgono circa il 12% di tutto il nostro export agroalimentare globale, mettendoci in testa alla classifica dei Paesi Ue, molto prima di Germania (2,5%), Spagna (4,7%) e Francia (6,7%).

Dazi e burocrazia

Accanto alla via della diplomazia, propone il presidente di Cia, “occorre intervenire sulle dinamiche che, seppur non tariffarie, influenzano le relazioni commerciali. Bisogna, quindi, iniziare a eliminare tutti quegli impedimenti di natura burocratica e amministrativa che ostacolano lo sviluppo del Made in Italy all’interno del mercato comune, semplificando il quadro normativo e i sistemi regolatori europei che frenano la competitività delle aziende”.

I mercati da esplorare

Altrettanto strategico “è il consolidamento dei mercati extra-Ue oltre gli Usa che da tempo mostrano interesse crescente verso le nostre produzioni, come il Giappone e il Canada -ha spiegato Fini- così come è fondamentale l’esplorazione di nuovi mercati”. Un obiettivo non immediato, quello di nuovi sbocchi commerciali, che “deve essere ben supportato da politiche dedicate, come misure di promozione e formazione; strumenti di aggregazione produttiva e organizzativa; interventi per sviluppare la logistica e l’innovazione”. Sicuramente “c’è bisogno di riprogrammare subito l’OCM vino”.

Definire e stanziare risorse

Nel contempo propone il presidente di Cia, “è assolutamente necessario stanziare risorse adeguate a sostenere gli agricoltori e i territori più esposti ai dazi di Trump”. A partire appunto dai produttori di vino (il cui export tricolore vale 2 miliardi negli Stati Uniti), olio (quasi 1 mld), pasta (1 mld) e formaggi (550 milioni) e da regioni come la Sardegna (l’export agroalimentare isolano finisce per il 49% negli Usa) o la Toscana (28% del proprio export agroalimentare). In questo senso, secondo Fini “occorre prevedere l’introduzione di un Fondo europeo ‘azzera dazi’ da utilizzare per azioni di compensazione”. Interventi “anche in deroga alle regole Ue sugli aiuti di Stato, che potrebbero concretizzarsi in primis sotto forma di indennizzi per le perdite subite dagli agricoltori. In più”, evidenzia infine il presidente di Cia, “l’uso delle risorse comunitarie dovrebbe essere rivolto a ulteriori compensazioni ‘indirette’ che includano, ad esempio, misure per la riduzione dei costi dell’energia e degli altri fattori di produzione, che tanto incidono sulle dinamiche di esportazione delle imprese”.

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