domenica, 13 Aprile, 2025
Sanità

Infermieri, allarme carenze: entro il 2030 in Italia potrebbero mancare 100 mila operatori sanitari

A Milano, in occasione della Giornata mondiale della Salute, la Fondazione ISMU ETS presenta scenari, criticità e proposte

In Italia, la mancanza di infermieri sarà una vera emergenza. Secondo uno studio della Fondazione ISMU ETS, entro il 2030 potrebbero mancare tra i 60.000 e i 100.000 professionisti. Il rapporto, intitolato Non mettiamoci un cerotto, verrà presentato il 7 aprile all’Università degli Studi di Milano in occasione della Giornata mondiale della Salute. A far scattare l’allarme sono sia l’invecchiamento della popolazione che le difficoltà nel trovare nuovi professionisti. Tra meno di vent’anni, più di un terzo degli italiani avrà più di 65 anni. Questo significa che sempre più persone avranno bisogno di cure, ma sempre meno saranno gli infermieri disponibili per fornirle.

I numeri della crisi

Attualmente in Italia ci sono 1,5 infermieri ogni medico, mentre la media europea è di 2,2. Per raggiungere il livello di Paesi come Francia, Germania o Regno Unito servirebbero oltre 220.000 infermieri in più. Regioni come la Basilicata, la Sardegna, la Lombardia e la Sicilia sono tra quelle più in difficoltà. A peggiorare il quadro ci sono anche i pensionamenti: secondo il sindacato Nursing Up, nei prossimi 15 anni il 40% degli infermieri attualmente in servizio lascerà il lavoro. E i nuovi ingressi non sono sufficienti a compensare queste uscite. Nel 2027 si prevede l’arrivo di circa 61.000 nuovi infermieri, ma potrebbero non bastare.

Una professione poco attraente per i giovani

Una delle cause principali di questa carenza è la scarsa attrattiva della professione. In Italia, chi sceglie di fare l’infermiere guadagna in media 1.450 euro al mese, con un massimo di 2.300 euro in caso di maggiore esperienza o responsabilità. In Germania, a parità di potere d’acquisto, lo stipendio può arrivare fino a 4.150 euro. Ma il problema non è solo economico. Gli infermieri lamentano anche condizioni di lavoro faticose, poca considerazione sociale e, in alcuni casi, episodi di aggressione da parte di pazienti o familiari. Non sorprende quindi che in molti decidano di lasciare l’Italia per cercare migliori opportunità all’estero.

Andata e ritorno: il flusso degli infermieri tra Italia e altri Paesi

L’Italia è oggi sia un Paese da cui gli infermieri partono sia uno in cui arrivano. Tra il 2000 e il 2021 sono emigrati quasi 48.000 infermieri italiani. Le mete più comuni sono il Regno Unito, la Svizzera e la Germania. Solo nel 2021 sono partiti circa 3.800 professionisti. Allo stesso tempo, nel 2022 lavoravano in Italia quasi 24.000 infermieri stranieri, pari a poco più del 5% del totale. Durante la pandemia e in seguito alla guerra in Ucraina, sono state adottate norme eccezionali che hanno permesso anche a chi non aveva ancora il riconoscimento del titolo di lavorare. Tuttavia, secondo il report ISMU, queste misure non hanno risolto il problema strutturale e hanno creato situazioni complesse, con molti infermieri stranieri che lavorano senza aver completato le procedure per il riconoscimento del titolo di studio.

Norme e pratiche per attrarre infermieri da altri Paesi

Già da tempo alcuni Paesi, come Australia, Germania e Canada, hanno introdotto regole per facilitare l’assunzione di infermieri stranieri. In Italia, la legge Bossi-Fini del 2002 ha escluso gli infermieri dalle quote di ingresso previste per gli altri lavoratori stranieri, permettendo così un maggiore accesso. Nel 2024 il Governo ha annunciato un nuovo piano per reclutare infermieri dall’India. Molto spesso, però, il reclutamento dall’estero è gestito da agenzie private, senza una regia nazionale. Secondo lo studio ISMU, questa mancanza di coordinamento potrebbe limitare l’efficacia di queste iniziative nel lungo periodo, soprattutto se l’Italia non riuscirà a rendersi un Paese attrattivo per i professionisti stranieri.

Proposte per affrontare la crisi

Nel rapporto, la Fondazione ISMU sottolinea la necessità di un piano ampio e coordinato per affrontare la crisi. Oltre agli investimenti economici, si suggerisce di lavorare su diversi fronti: migliorare la formazione, aumentare gli stipendi, garantire possibilità di crescita professionale e promuovere il riconoscimento sociale della figura dell’infermiere. Per quanto riguarda il personale straniero, lo studio propone di rafforzare la conoscenza della lingua italiana, semplificare le procedure di riconoscimento dei titoli di studio esteri e creare tavoli di confronto tra istituzioni e associazioni di infermieri di origine immigrata. L’obiettivo è integrare meglio chi arriva e garantire allo stesso tempo qualità e sicurezza nelle cure.

L’incontro del 7 aprile: un momento di confronto

Tutte queste tematiche verranno discusse il 7 aprile, dalle 15 alle 17.30, all’Università degli Studi di Milano, durante un incontro pubblico che vedrà la partecipazione di rappresentanti delle istituzioni, del mondo universitario, degli ordini professionali e delle associazioni di infermieri stranieri. A presentare il rapporto sarà Laura Zanfrini, responsabile del settore Economia, Lavoro e Welfare di Fondazione ISMU ETS e direttrice scientifica dello studio. A moderare il dibattito sarà la giornalista Simona Ravizza del Corriere della Sera.

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