martedì, 1 Aprile, 2025
Cultura

“Save Whale”. Il nuovo murale-denuncia di Moby Dick, il Banksy degli animali

Lo street artist lo ha realizzato a Roma a grandezza reale per lanciare un vero e proprio allarme sul pericolo di estinzione delle balene e le atrocità che subiscono gli animali marini. Una vera e propria emergenza

 

Inquinamento, pesca, bracconaggio, collisione con le navi, questi sono alcuni dei pericoli che minacciano la sopravvivenza di magnifiche creature marine come balene e squali. Ogni anno circa 300.000 balene, delfini e focene vanno incontro a una morte atroce, impigliati negli attrezzi da pesca o peggio, mentre gli squali subiscono la pratica barbara dello spinnamento, per poi essere rigettati in mare, incapaci di nuotare e sopravvivere. Moby Dick, street artist di fama internazionale, definito il Banksy degli animali, per la sua arte indissolubilmente legata alla tematica animalista e ambientalista, ha recentemente realizzato un imponente murale nel cuore di Roma, in via Antonio Meucci, che ha per protagonista proprio una megattera e uno squalo, per restituire centralità e attenzione a queste creature e al loro habitat. Lo abbiamo intervistato, in esclusiva per La Discussione.

Moby Dick, perché ha scelto di rappresentare animali marini in un contesto urbano?
Sono un attivista, oltre che un artista, e negli anni ho cercato sempre di porre l’attenzione su tutto ciò che costituisce un problema e una minaccia per gli animali, che non hanno voce. In questo murale ho scelto di rappresentare Nettuno, il dio del mare, con una megattera, uno squalo e Antonio Meucci proprio per accendere un riflettore sulle balene e gli atri animali che non possono raccontare la loro sofferenza. Tutto quello che succede in mare, è sempre distante da noi, perciò è sempre molto più difficile, per le persone, capire le minacce reali che subiscono gli animali marini, dall’inquinamento al bracconaggio. I cetacei vengono molte volte investiti proprio dalle navi.

E cosa c’entra Meucci?
Ho voluto affidare il messaggio a Meucci, che tiene in mano un telefono, a simboleggiare l’eco, il rumore, che è necessario fare su questa mattanza silenziosa. Ogni anno, in primavera, salgo sulle navi per apportare il mio sostegno e rilevare dal vivo la condizione di questi animali.

E perché proprio una gigantesca megattera, di dimensioni naturali?
Ho voluto ricordare che siamo piccoli davanti a creature maestose, eppure siamo capaci di fare così tanto male. Le balene sono a forte rischio di estinzione, ne restano pochi esemplari, che vengono cacciati per finte indagini scientifiche, ormai obsolete, che non hanno più nessuna validità. Non c’è nessun beneficio per gli animali, per l’uomo, per l’ambiente, in queste metodologie. La caccia è positiva solo per chi ci guadagna dei soldi, così come la pesca. In molti Paesi ne è stata vietata la pesca, ma in altri Paesi è ricominciata. Questa è una follia, perché delle balene restano solo pochissimi esemplari. Ogni anno centinaia e centinaia di balene trovano la morte per mano dell’uomo, tanto da poter contare ormai solo poche migliaia di superstiti di questa specie.

Come mai anche gli squali rientrano nella mattanza?
Gli squali vengono cacciati semplicemente per la loro pinna. In Paesi come la Cina, ad esempio, per molti anni si è fatta la zuppa di squalo, alla quale venivano attribuiti infondati poteri afrodisiaci. La pratica di spinnamento degli squali è tremenda: dopo averli amputati della spina dorsale, gli squali vengono rigettati in acqua vivi, perché considerati scarto in termini di utilizzo. Questi animali hanno bisogno della pinna dorsale per nuotare e del relativo movimento per ossigenarsi. Privati della pinna, muoiono soffocati o affondano e diventano preda di altri animali.

L’altro grande problema è l’inquinamento, un fenomeno capillare, che coinvolge tutti.
Certo. Le microplastiche e tutti i rifiuti della pesca intensiva si riversano nei mari, finendo nello stomaco di diversi animali marini, oppure si impigliano attorno a loro, inibendo i movimenti e la possibilità di nutrirsi, condannandoli a una morte atroce. Le buste di plastica, ad esempio, vengono spesso scambiate per meduse dagli animali marini che se ne cibano, dai pesci alle tartaruga caretta caretta. Anche il semplice anellino di plastica che si stacca dal tappo delle bottiglie quando viene svitato, che apparentemente sembra tanto innocuo, causa la morte di molti di loro. E’ tempo di aprire gli occhi, il mare, proprio perché distante da noi, viene considerato terra di nessuno, ma in realtà ci riguarda, ne siamo responsabili e non abbiamo più alibi per non affrontare le problematiche che noi stessi abbiamo causato.

L’arte può essere un linguaggio efficace per far arrivare il messaggio?
L’arte per me è strettamente connessa con l’attivismo, non riesco a concepire l’arte se non come azione diretta di protezione di animali e ambiente e come strumento di lotta, di cambiamento sociale. Ho scelto l’arte urbana, l’arte di strada, perché è in strada, nelle piazze, che storicamente si combatte per cambiare la realtà. L’arte deve fare rumore per svegliare le coscienze dal torpore. Non si può, ad esempio, parlare di benessere animale dentro gli allevamenti intensivi, non è solo un ossimoro, è una vera follia.

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