La Costituzione, nell’articolo 21, tutela la libera manifestazione del “proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. La legge n. 69 del 1969 sull’ordinamento della professione di giornalista ne indica espressamente diritti, doveri e responsabilità penali e disciplinari.
Informazioni e notizie su ciò che avviene nel Paese, nel mondo come anche nel quartiere, nel condominio e persino tra le mura domestiche di ogni cittadino, fatte salve le limitazioni di legge, non devono subire alcuna menomazione e devono pervenire alla collettività il più immediato possibile. Basti pensare a problematiche che riguardano la salute, la sicurezza, la sanità per eventi accidentali o naturali prevedibili, benché di dominio dei mezzi di informazione e comunicazione dei canali ufficiali e codificati.
La linea di demarcazione tra il diritto ad informare ed i fatti, gli atti, le circostanze ed i soggetti interessati che danno luogo alla notizia spesso è sottile e, frequentemente, piena di insidie e di attività di disturbo, anche con minacce, aggressioni e querele temerarie.
Sono, infatti, frequenti le attività di dissuasione con metodi più disparati tesi ad impedire in tutto o in parte acquisizioni di notizie scritte, verbali o visive, specie nelle interviste, spesso scomode.
E sono anche tanti i casi che hanno visto giornalisti di ambo i sessi minacciati o portati nelle aule di giustizia per aver osato tenacia e perseveranza nell’informare l’opinione pubblica di fatti, circostanze e episodi degne di essere divulgate. Tra le vittime si ricordano, ad esempio, Giancarlo Siani assassinato a Napoli dalla camorra il 23 settembre 1985 e Ilaria Alpi assassinata a Mogadiscio il 20 marzo 1994.
Non si può non ricordare anche Tina Merlin (1926/1991) nota come giornalista del Vajont, portata in giudizio con l’accusa di “diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico” ed assolta il 30 novembre1960 perché il fatto non costituiva reato.
Il 10 ottobre, all’indomani del disastro del Vajont, scrive, tra l’altro: “Oggi tuttavia non si può soltanto piangere, è tempo di imparare qualcosa.”
Lo stato giuridico del giornalista
L’attività del giornalismo, benché delicatissima perché riguarda l’informazione e la comunicazione tra le istituzioni, i consociati o altri soggetti per fatti, atti ed eventi volontari o naturali, è soggetta a tanti obblighi e filtri per la tutela della buona fede dei destinatari. Al giornalista è richiesta l’iscrizione in uno degli Ordini dei giornalisti della Repubblica che ne disciplina modalità e regole comportamentali.
È una attività professionale contigua a quella del pubblico ufficiale, ovvero a quella dell’incaricato di un pubblico servizio o quanto meno a quella di un servizio di pubblica necessità o interesse. Ne conseguirebbe una tutela giuridica specifica in caso di aggressioni verbali o fisiche nell’adempimento del proprio lavoro, appunto non molto dissimile dal lavoro del pubblico ufficiale o di altre figure che godono, comunque, di tutela giuridica nel codice penale.
Non si impedirà di certo ai malfattori di aggredire, senza remora di gravi sanzioni, giornalisti e loro cameramen nell’esercizio del delicato diuturno lavoro nel raccogliere notizie per divulgarle, ma si potrebbero frenare incresciose scene di intemperanze verbali, nonché sfioramenti di fondo schiena o di ciocche di capelli.