lunedì, 31 Marzo, 2025
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Libri

“L’enigma del Desiderio”, un giallo esistenziale

Il romanzo, scritto dallo psichiatra Paolino Cantalupo, intreccia la trama tipica di un giallo con uno sfondo geopolitico attuale e con una complessa storia d’amore. Centrali sono soprattutto l’analisi della vera natura dell’identità, il rapporto tra desiderio e sentimento e la concezione della morte in relazione all’evoluzione umana. In una intervista l’autore ci parla del ruolo delle tensioni nella vita e della prospettiva freudiana sull’aggressività e la dipendenza dalle emozioni. Ma anche dell’enigma del desiderio, così imprevedibile e sfuggente.

Paolino Cantalupo
Paolino Cantalupo

Dottor Cantalupo, come mai uno psichiatra decide di scrivere un libro di narrativa, scegliendo tra l’altro proprio il genere poliziesco?
Mi sembrava perfettamente in linea con il mio lavoro. La psichiatria è narrazione di tutto ciò che è umano, è uno scavo interpretativo delle condizioni umane e, quindi, è già una narrazione. Sentivo che scrivere un romanzo fosse un approdo naturale, quasi una pulsione inevitabile da seguire, che nasce anche dal desiderio di vivere qualche avventura, seppure solamente con la fantasia. Scegliere il giallo nasce proprio dal fatto che quando un uno psichiatra analizza cerca di trovare cosa c’è dietro e dentro i sintomi che si manifestano. Di conseguenza, la predisposizione naturale che caratterizza ancora la mia professione mi portava inevitabilmente a scegliere un thriller, da archeologia dell’essere. Sono vicende umane che coinvolgono tutti.

Ma lei non si è fermato a questo, perché c’è il caso di omicidio da risolvere, ma è anche perfettamente descritto uno scenario geopolitico attualissimo, con precisi riferimenti a questioni che ci riguardano da vicino come le tensioni fra il mondo occidentale e il Medio Oriente. E poi non manca la passione, davvero centrale nella trama. Allora, quale di questi elementi è il vero protagonista del romanzo?
Il protagonista del romanzo non è solamente uno. Come in tutti i gialli i personaggi tradizionali sono i personaggi umani, ma nel mio romanzo c’è anche un protagonista che fa da sfondo, la condizione geopolitica nella quale oggi noi ci troviamo, perché le contraddizioni, i conflitti, i contrasti del nostro mondo attuale sono registrati all’interno del libro, a volte quasi in forma predittiva, come per esempio l’invasione nel Kivu, nel nordest del Congo, da parte di delle milizie M23, gruppo armato molto potente spalleggiato dal Ruanda.

Ma cominciamo con il parlare dei personaggi umani.
Ci sono personaggi tradizionalmente importanti: una donna, un uomo, ma anche situazioni particolarissime come quelle di due fratelli, per esempio, che hanno una vita e una impostazione psichica completamente diversa. Sono due fratelli nati nel Kurdistan siriano, all’interno di una terra dilaniata continuamente dalle guerre, da sofferenze e da stragi, che vengono adottati da bambini da una famiglia ricchissima americana di New York. Crescono insieme, si vogliono molto bene, ma le loro strade improvvisamente si dividono. Uno assume un’identità, l’altro una opposta. Da una parte c’è una persona che sente il bisogno di tornare o di ritrovare le proprie radici culturali e, poi, affonda in una identità fondamentalista. L’altro, invece, è libero da ogni identità forte, rigida, ha, cioè, un’identità, come si dice adesso, liquida, flessibile, tollerante e disincantata che lo rende aperto, disponibile, generoso. In qualche maniera vengono capovolti i paradigmi tradizionali, per cui l’identità sarebbe un approdo importante per ciascuno di noi, una patria. Nel libro si scopre essere, invece, una prigione. Una parte della psichiatria ha sempre considerato la malattia mentale come una scissione dell’identità, una perdita dell’identità, qui, invece, ne viene rivoluzionata la visione: è l’identità la malattia. Le guerre si fanno in nome di un’appartenenza, in nome di una patria, in nome di un Dio, in nome, appunto, di una identità. L’identità, dunque, è il fondamento della guerra.

Di questo ne è vittima il fratello più piccolo, l’altro, invece?
L’altro fratello è più libero, ha una maggiore tolleranza, un atteggiamento più scettico e anche più aperto, più disponibile, più generoso e corre in soccorso del fratello, mettendo in piedi un piano diabolico per farlo assolvere. Nel mentre nasce l’intrigo erotico, perché lui si innamora della fidanzata del fratello e, poi, la storia coinvolgerà anche a altre figure sempre sul piano erotico.

L’analisi delle radici dell’eros sono sicuramente co-protagoniste del romanzo. Qual è la sua convinzione?
Quello che si evince sul piano specificamente psichiatrico riguardo al piano erotico è la differenza che spesso nasce tra il desiderio e il sentimento. Desiderio e sentimento hanno tracciati neuronali diversi come hanno dimostrato le neuroscienze con la risonanza magnetica funzionale per immagini, cioè una cosa è il sentimento che ha un tracciato neuronale e una cosa è il desiderio con tracciati neuronali diversi e che può prendere strade imprevedibili. Quando le due tracce coincidono nasce la passione e c’è una passione reale all’interno di questo romanzo, una passione travolgente.

Sì, però sembrerebbe quasi che la passione si nutra della negazione, tanto che a un certo punto la protagonista dice: “Proprio quei conflitti, quei sentimenti potenti, contraddittori, quei tormenti passionali, proprio tutto quello era la felicità”. Come se il vero amore, fatto di affettività e di desiderio, fosse condannato all’origine, perché può esistere solo nell’assenza, nella difficoltà, nella tensione?

Sì, sì, bravissima. Proprio così. Il desiderio si nutre della distanza, una distanza emotiva. Se l’altro è conseguito, se l’altro è definitivamente assunto, il desiderio scompare. Il desiderio è una forma di tensione. Se io possiedo definitivamente e sicuramente l’altro, inevitabilmente la tensione che caratterizza il desiderio si spegne.

Ma questa è proprio una condanna dell’amore?
Sì, esattamente. L’amore per sua natura cerca la sicurezza, ma la sicurezza all’interno dell’amore è irrespirabile.

Se stiamo dicendo che il romanzo si basa su tutte le contraddizioni e le tensioni degli individui e della storia, sembra proprio che l’impostazione freudiana qui è sovrana, nel senso che poi le tensioni amorose sovrastano tutte le altre, no?
Sì, permeano tutta la vicenda, anche quella spionistica e, quindi, invadono tutto il campo. Ma perché la vita è regolata poi alla fine da questo. La vita è caratterizzata da una dialettica di tensioni continue e di cambiamenti. Noi non abbiamo una fissità identitaria, noi abbiamo una mobilità continua e questa mobilità nasce dalla contraddizione e dall’adattamento. Questo significa che continuamente evolviamo. Il nostro stesso cervello è un cervello proteiforme, ossia che continuamente cambia a seconda degli eventi che accadono, delle informazioni che arrivano, cioè dai sentimenti, dalle immagini che noi incrociamo. Tutto questo continuamente cambia l’assetto strutturale e funzionale del nostro cervello. C’è un grande biologo, premio Nobel della medicina, Gerald Edelman, che ha dimostrato con la risonanza magnetica funzionale per immagine che ogni informazione(immagine, sentimento, incontro, emozione) che arriva all’interno del cervello non si aggiunge alle altre informazioni, ma le modifica. Quindi, il nostro cervello non è un deposito dove immagazziniamo gli input che arrivano. Il nostro cervello è una macchina creativa, produttiva, che continuamente cambia assorbendo le informazioni e trasformando il tutto. C’è un cambiamento sia strutturale delle connessioni cerebrali sia appunto funzionale. Tutto questo significa che c’è una contraddizione che continuamente incrociamo, una adattamento, una trasformazione.

Così, però, mettiamo in discussione i valori fondanti della nostra civiltà che si basano, invece, sulla stabilità sociale e sui rapporti familiari stabili?
Esatto. Noi tendiamo verso la sicurezza, la continuità, la tranquillità, ma nel profondo noi non amiamo la tranquillità. Lo dimostra il fatto che se io sono troppo tranquillo vado al cinema a vedere un film che mi provochi delle emozioni e dei contrasti, questa è la realtà. Altrimenti perché andiamo a vedere un giallo? Perché ci leggiamo i libri di Agatha Christie o di Simenon? Se volessi stare tranquillo dovrei proprio evitarli. La tensione produce dopamina all’interno del cervello, che è necessaria al sistema del piacere. È stata necessaria per poter sopravvivere, è stata, cioè, funzionale alla sopravvivenza della specie, perché i nostri avi dovevano andare a caccia, spinti dalla tensione legata alla ricerca del cibo. Una tensione funzionale, importante, che noi abbiamo ancora addosso.

Questo è anche alla base della tossica dipendenza, cioè stiamo descrivendo un uomo dipendente dalle emozioni e dalle tensioni. Come facciamo, invece, a garantire la stabilità del mondo e delle società?
Diceva Hegel che la pace è una pagina bianca della storia, ma non esiste una pagina bianca. La pace non c’è mai stata. Perché? Perché uno dei fondamenti dell’essere umano è proprio la guerra. Quando alla fine della Seconda Guerra Mondiale Einstein manda una lettera a Freud e gli chiede come si può fare per smussare questa aggressività, per impedire agli uomini di continuare ad uccidersi vicendevolmente, Freud gli risponde: “Non c’è niente da fare, perché noi veniamo da una genia di assassini. A noi il sangue non ha mai fatto orrore”. Stava dicendo quello che adesso direbbe un neuroscienziato, senza avere gli strumenti di oggi. Un neuroscienziato direbbe che tutto questo è biologico, ossia è inserito all’interno del nostro genoma. Ovviamente, possiamo immaginare che qualche modifica ci possa essere. Possiamo essere più ottimisti, perché ci sono altre condizioni. Abbiamo detto prima che il cervello è proteiforme e si trasforma. Dobbiamo sperare di modificare culturalmente questa predisposizione.

Tornando al romanzo, anche il personaggio più aperto, più libero, meno alla ricerca di un’identità codificata, fa una brutta fine. Non si salva nessuno?
Fa una brutta fine a causa di una malattia, è il suo naturale destino che ha scritto dentro di se’. Il nostro destino, quello di morire, non è organizzato. Lui lo dice in una conferenza dove spiega che la morte non è una condizione assolutamente necessaria, è necessaria adesso perché è funzionale alla vita. Il ciclo vita-morte consente l’evoluzione, cioè il genoma sopravvive attraverso questa evoluzione. I miei geni passano a mia figlia e quelli di mia figlia passano a sua figlia, così c’è l’evoluzione, la modificazione, l’adattamento e il miglioramento del genoma. Quindi, la morte è funzionale alla vita, ma non è un destino irreparabile. Già adesso si stanno facendo esperimenti in California, a San Diego, per esempio, per rimodulare questo ciclo, ciò che porta scritto il genoma dentro di sé. Il programma vita-morte (nasco, cresco, decado, muoio)può essere invertito, come quello dei nostri computer. A San Diego, alcuni topolini vecchi e malandati sono tornati giovani e forti toccando quattro geni che erano presenti all’interno del loro genoma, il che significa che anche noi probabilmente, anzi sicuramente, abbiamo geni che sono stati silenziati perché il genoma ha scelto un’altra strada, ha scelto la strada dell’evoluzione. Se avesse scelto la strada della sopravvivenza, dell’eternità, probabilmente noi saremmo scomparsi dal Pianeta, non ci saremo evoluti e ci saremmo estinti.

Esistono organismi sul nostro Pianeta che corroborano questa tesi?
La domanda è ci sono sul Pianeta organismi eterni? La risposta è sì. Ci sono sia organismi unicellulari che pluricellulari, come la medusa Turritopsis, che sono eterni. Significa che da cellula embrionale si sviluppano, diventano adulti e poi tornano indietro e tornano a essere cellule embrionali e vanno avanti e indietro in eterno, ma non si evolvono. Queste cose in qualche maniera vengono anche dette all’interno del romanzo, in qualche conferenza a New York del personaggio principale.

Sono presenti, quindi, eros e thanatos?
Si parla del tema dell’amore, della morte, ma anche del tema di Dio, perché il personaggio principale ha un rapporto contraddittorio con Dio, è ateo, ma sente continuamente il bisogno di relazionarsi con Lui e,quindi, c’è una specie di attrazione e rancore nei confronti di un Ente che non si appalesa e che sembra avere abbandonato il Pianeta al suo destino, un destino di morte, di difficoltà.

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