L’intelligenza artificiale è ormai entrata nella quotidianità degli studenti italiani, ma il sistema educativo sembra arrancare nel tenerne il passo. È quanto emerge dal recente studio ‘L’intelligenza artificiale e l’occupabilità del futuro per gli studenti dell’istruzione superiore’, condotto dalla Rome Business School in collaborazione con l’istituto di ricerca spagnolo Gad3. I dati parlano chiaro: l’89% degli studenti italiani usa strumenti basati sull’IA, ma solo il 30% dichiara di aver ricevuto una formazione adeguata per comprenderne davvero il funzionamento. Lo studio ha coinvolto 3.600 studenti tra i 18 e i 35 anni in Italia, Francia, Spagna e Colombia, con l’obiettivo di analizzare la relazione tra intelligenza artificiale, percorsi di studio e prospettive lavorative. A colpire è soprattutto il divario tra l’adozione diffusa delle tecnologie e la scarsa preparazione specifica: un paradosso che rischia di generare nuove forme di disuguaglianza, non solo digitale.
Durante una tavola rotonda organizzata dalla Rome Business School, Sara Morais, General Manager di Gad3, ha sottolineato come l’uso dell’IA sia particolarmente diffuso tra gli studenti di Scienze, Ingegneria e Architettura, ma che solo il 32% è in grado di sviluppare soluzioni basate su queste tecnologie. Un dato che evidenzia la necessità urgente di rafforzare la formazione tecnica.
Cosa pensano gli studenti
“L’intelligenza artificiale sta ridefinendo il panorama dell’istruzione e del lavoro – ha spiegato Antonio Ragusa, Dean della Rome Business School – e i risultati di questa ricerca mostrano chiaramente l’urgenza di formare i professionisti del futuro in modo più completo e strategico”. Tra le funzionalità più rilevanti dell’IA indicate dagli intervistati spiccano l’analisi di immagini e video e il machine learning (56%). I principali vantaggi percepiti? Aumento della produttività (40%) e progressi nella ricerca (38%). M, non mancano le preoccupazioni: il 33% teme la perdita di posti di lavoro a causa dell’automazione, e un ulteriore 33% solleva interrogativi etici sull’utilizzo della tecnologia.
Nel dettaglio, gli ambiti professionali considerati più a rischio sono la manifattura (30%) e le attività amministrative (17%), mentre il 31% degli studenti crede nella nascita di nuove professioni legate all’IA.
Una scuola che prepara al futuro?
Il messaggio è chiaro: l’IA deve entrare in aula, e in modo strutturale. Il 74% degli studenti italiani è convinto della necessità di integrare l’intelligenza artificiale nei programmi scolastici e universitari, ma anche di formare i docenti, spesso impreparati a trasmettere competenze in quest’ambito.
Tra le soluzioni indicate figurano:
Partnership con aziende tecnologiche (68%)
Collaborazioni con il settore produttivo (68%)
Normative chiare sull’uso dell’IA nel lavoro (39%)
Programmi di riqualificazione professionale (38%)
Formare cittadini
Nel corso del dibattito, gli esperti Emanuele Cacciatore e Silvia Bellucci hanno ribadito l’importanza di andare oltre l’uso strumentale dell’IA. “Non basta saper usare ChatGPT o Midjourney – ha affermato Cacciatore – serve sviluppare pensiero critico e competenze etiche, per governare le trasformazioni in atto, non subirle”.