La proposta di liberare il soldato rapito Idan Alexander, che ha la cittadinanza americana e per cui gli Stati Uniti hanno negoziato direttamente con Hamas, è stata accettata dall’organizzazione palestinese. Insieme a Alexander saranno consegnati i corpi altri quattro ostaggi che avevano la doppia cittadinanza. Hamas ha affermato di “confermare la sua assoluta volontà di iniziare i negoziati e raggiungere un accordo sulla fase due dell’accordo”. Dopo l’annuncio, il team negoziale israeliano ha lasciato Doha. Secondo la stampa israeliana a Gerusalemme si sospetta che l’accordo sia un tentativo di creare tensioni tra Israele, che si era opposto alle trattative dirette, e Stati Uniti. Il primo ministro Benyamin Netanyahu ha convocato per sabato sera una riunione con i ministri per valutare i prossimi passi, mentre il forum delle famiglie degli ostaggi ha protestato dichiarando che “Se Israele insisterà nell’abbandonare i suoi cittadini, ogni israeliano saprà che dovrà ottenere un passaporto straniero, o sarà lasciato indietro”. Ma intanto Stati Uniti e Israele continuano a collaborare per la realizzazione del loro piano sul futuro di Gaza. Secondo i media israeliani, i funzionari di tre Paesi dell’Africa orientale sono stati contattati per discutere del reinsediamento dei palestinesi di Gaza: il Sudan ha respinto la proposta, mentre la Somalia e il Somaliland hanno affermato di non esserne a conoscenza.
Hamas insiste sul rispetto dell’accordo
Da parte sua, Hamas ha ribadito la volontà di portare avanti tutte le fasi dell’accordo, avvertendo che eventuali passi indietro “riporterebbero le cose al punto di partenza”. Il portavoce dell’organizzazione, Hazem Qassem, ha dichiarato che ci sono stati tentativi di aggirare l’intesa raggiunta con la tregua del 19 gennaio, accusando Israele di non aver rispettato gli impegni presi nella prima fase dell’accordo, in particolare riguardo l’invio di aiuti umanitari a Gaza, dove la situazione rimane drammatica dopo 15 mesi di conflitto. “Israele ha bloccato i convogli di aiuti dal 2 marzo per fare pressione su Hamas”, ha detto il portavoce, aggiungendo che il movimento islamista non vuole un ritorno alla guerra, ma che se Israele riprenderà le ostilità, Hamas sarà costretto a difendere il popolo palestinese. Israele insiste invece per estendere la prima fase della tregua. Secondo i media israeliani, il governo di Netanyahu ha avanzato una proposta per liberare alcuni degli ostaggi ancora detenuti a Gaza, sia vivi che morti, in cambio di una proroga di 50 giorni del cessate il fuoco. Tuttavia, lo stesso premier ha definito queste informazioni “fake news”.
G7: nessun riferimento alla soluzione a due Stati
Sul piano diplomatico, la dichiarazione finale del G7 Esteri di Charlevoix ha evitato qualsiasi riferimento esplicito alla soluzione a due Stati per Israele e Palestina. “I membri del G7 hanno sottolineato l’importanza di una soluzione negoziata che soddisfi le legittime aspirazioni di entrambi i popoli e promuova stabilità e pace duratura in Medio Oriente”, si legge nel documento. La bozza iniziale includeva un riferimento esplicito alla creazione di uno Stato palestinese, poi rimosso nel testo definitivo. Il G7 ha invece confermato la volontà di collaborare con i partner arabi per la ricostruzione di Gaza e per garantire una stabilità a lungo termine nella regione.
Israele e la strategia in Libano: “Presenza militare a tempo indeterminato”
Oltre alla questione di Gaza, Israele mantiene alta l’attenzione sul fronte settentrionale. Il ministro della Difesa, Israel Katz, ha dichiarato che l’esercito israeliano resterà in cinque aree strategiche del Libano “a tempo indeterminato” per proteggere i residenti del nord di Israele. Dopo un incontro con i vertici militari, Katz ha ordinato il rafforzamento delle truppe e un’azione “potente e intransigente” contro le violazioni di Hezbollah. Questo segnale conferma che, nonostante i negoziati in corso a livello internazionale, Israele non intende abbassare la guardia sulla minaccia rappresentata dal gruppo libanese.