Il governo di minoranza portoghese ha subito una pesante battuta d’arresto martedì, perdendo il voto di fiducia in parlamento. Questo esito ha portato alle dimissioni dell’esecutivo, aprendo la strada a nuove elezioni generali, le terze in Portogallo negli ultimi tre anni. La crisi segna uno dei momenti più delicati di instabilità politica dal 1974, anno in cui la Rivoluzione dei Garofani pose fine a decenni di dittatura autoritaria e introdusse la democrazia nel paese. Negli ultimi anni, i governi di minoranza non sono riusciti a costruire alleanze parlamentari sufficientemente solide per completare un mandato di quattro anni, favorendo così l’azione dei partiti di opposizione nel provocare la caduta dell’esecutivo. Con molta probabilità, le nuove elezioni si terranno a maggio, trascinando il paese, con i suoi 10,6 milioni di abitanti, in un prolungato periodo di incertezza politica. Questa situazione si presenta in un momento cruciale, mentre il Portogallo è impegnato nella gestione dei 22 miliardi di euro (circa 24 miliardi di dollari) provenienti dai fondi di sviluppo dell’Unione Europea. Parallelamente, l’intero continente europeo si trova ad affrontare sfide complesse legate alla sicurezza e alla crisi economica, rendendo il quadro ancora più fragile. Il ritorno alle urne potrebbe alimentare il malcontento degli elettori, favorendo il partito populista di estrema destra Chega (Basta), che ha saputo capitalizzare la crescente insoddisfazione verso le forze politiche tradizionali. Anche il Portogallo non è immune all’ondata populista che sta attraversando l’Europa. Lo scorso anno, Chega è emerso come la terza forza politica del paese, rafforzando il proprio ruolo nel panorama politico nazionale.