Tutto sommato, niente di fatto. Come previsto, d’altronde. L’esecutivo resta della propria idea e l’Anm… idem. Che chiaramente sono diametralmente opposto. Fatto sta che, in soldoni, il confronto di ieri pomeriggio tra il governo e l’Associazione nazionale magistrati sulla riforma della giustizia si è rivelato di certo intenso e a tratti nervoso, ma alla fine senza avvicinamenti sostanziali tra le parti. L’incontro, avvenuto a Palazzo Chigi e presieduto dal Presidente Giorgia Meloni, ha visto la partecipazione dei Vicepresidenti Antonio Tajani e Matteo Salvini, del Ministro della Giustizia Carlo Nordio e del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Al centro del dibattito la riforma costituzionale sulla separazione delle carriere e il Consiglio superiore della magistratura, attualmente all’esame del Parlamento. L’esecutivo ha ribadito la volontà di proseguire con determinazione nel percorso di attuazione della riforma, auspicandone l’approvazione in tempi rapidi. Il Primo Ministro ha riconosciuto l’importanza delle osservazioni dell’Anm e ha aperto alla possibilità di un tavolo di confronto sulle leggi ordinarie di attuazione. Ma ha escluso modifiche al disegno di riforma costituzionale già in discussione. Curiosità: la delegazione dell’Anm si è presentata all’appuntamento con una coccarda tricolore appuntata sulle giacche.
Le posizioni in campo

Il dissenso tra le due parti, insomma, resta alquanto evidente. L’Anm ha espresso preoccupazioni sulle possibili implicazioni della riforma e ha confermato lo stato di mobilitazione della categoria. Al termine dell’incontro, il Presidente dell’Associazione, Cesare Parodi, ha parlato della necessità di maggiore rispetto per la magistratura, respingendo le accuse di ideologizzazione delle decisioni giudiziarie: “Possiamo sbagliare, ma siamo feriti quando si insinua che le nostre scelte siano condizionate da posizioni ideologiche. Non c’è insulto peggiore per un magistrato”. Parodi ha inoltre espresso l’auspicio che il dialogo con l’esecutivo possa portare a un recupero del reciproco rispetto tra politica e magistratura, nell’interesse del Paese che “ha bisogno di una magistratura credibile, di una politica serena e di una collaborazione tra tutti gli organi istituzionali”.
Il sostegno dei penalisti alla riforma

Diversa la posizione dei penalisti italiani, che hanno incontrato il governo in mattinata. L’Unione delle camere penali italiane, guidata dal Presidente Francesco Petrelli, ha espresso pieno sostegno alla riforma costituzionale, in particolare alla separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti, da sempre una delle battaglie dell’associazione. In una nota ufficiale, la Giunta dell’Ucpi ha evidenziato che la riforma “rafforza la magistratura giudicante tutelando al contempo l’indipendenza e l’autonomia del pubblico ministero”. L’auspicio dell’Unione è che il percorso legislativo della riforma proceda senza modifiche che ne possano compromettere l’efficacia, in particolare per quanto riguarda il sorteggio dei componenti del Csm e l’istituzione di un’Alta Corte disciplinare per contrastare le logiche correntizie.
Nel corso dell’incontro, i penalisti hanno sollevato anche la questione delle carceri italiane, definendo “drammatica” la situazione del sovraffollamento e l’aumento dei suicidi tra i detenuti. Hanno chiesto una riforma strutturale del sistema penitenziario, puntando su misure alternative alla detenzione per evitare di alimentare la recidiva e migliorare le prospettive di recupero dei detenuti.