martedì, 4 Marzo, 2025
Attualità

Lavoro a rischio con l’IA: 15 milioni di italiani esposti alla rivoluzione digitale

Lʼimpatto dellʼintelligenza artificiale sullʼeconomia e sullʼoccupazione in Italia presenta un quadro a doppia faccia: da un lato, una spinta significativa al Prodotto interno lordo, dallʼaltro, una minaccia concreta per milioni di lavoratori. Entro il 2035, lʼIA potrebbe generare un incremento del Pil fino a 38 miliardi di euro, pari a un +1,8%. Ma la crescente automazione rischia di mettere in discussione il futuro professionale di 6 milioni di occupati, mentre altri 9 milioni vedranno le proprie mansioni trasformate dall’integrazione con le nuove tecnologie. In totale, circa 15 milioni di lavoratori italiani saranno esposti ai mutamenti dettati dall’intelligenza artificiale. Secondo Maurizio Gardini, Presidente di Confcooperative, questi numeri evidenziano la necessità di un cambio di paradigma: “La tecnologia deve essere uno strumento a supporto delle persone, non un elemento che le sostituisca”. Questo concetto emerge con forza dal focus Censis-Confcooperative “Intelligenza artificiale e persone: chi servirà chi?”, che mette in luce le categorie più vulnerabili alla trasformazione in atto.
Gli impieghi più esposti alla sostituzione sono quelli con un elevato livello di ripetitività e di standardizzazione, come contabili e tecnici bancari, facilmente automatizzabili attraverso software avanzati. Al contrario, professioni ad alta interazione umana e decisionali, come magistrati, avvocati e dirigenti, sono più inclini a unʼintegrazione con lʼIA piuttosto che a una sostituzione completa. Un dato interessante riguarda il livello di istruzione: tra i lavoratori meno esposti al rischio di sostituzione, il 64% non ha un titolo di studio superiore e solo il 3% possiede una laurea. Al contrario, tra coloro che vedranno lʼIA entrare in maniera complementare nelle loro attività, il 59% è laureato e il 29% ha un diploma superiore. Ciò dimostra che la tecnologia tenderà ad affiancare piuttosto che rimpiazzare i ruoli più qualificati.

Un divario di genere

Lʼimpatto dellʼIntelligenza Artificiale sul lavoro non è neutro dal punto di vista del genere. Le donne risultano maggiormente esposte ai cambiamenti, rappresentando il 54% dei lavoratori a rischio sostituzione e il 57% di quelli in cui lʼIA fungerà da supporto alle attività. Questo elemento potrebbe ampliare ulteriormente il gender gap nel mercato del lavoro. A livello europeo, lʼItalia registra un ritardo significativo nellʼadozione dell’IA rispetto ad altri Paesi. Attualmente, solo lʼ8,2% delle aziende italiane utilizza strumenti di Intelligenza Artificiale, contro il 19,7% della Germania e una media Ue del 13,5%. Il divario è particolarmente accentuato nei settori del commercio e della manifattura, dove lʼadozione tecnologica rimane inferiore rispetto alla media continentale. Per il biennio 2025-2026, il 19,5% delle imprese italiane prevede di investire in soluzioni basate sullʼIA, con una concentrazione più alta nel settore informatico (55%) e più bassa nella ristorazione (1,4%). Le grandi imprese appaiono più propense agli investimenti rispetto alle piccole e medie imprese.

Ricerca e sviluppo

Se lʼItalia vuole colmare il gap con le altre economie europee, dovrà necessariamente incrementare gli investimenti in ricerca e sviluppo. Attualmente, il Paese destina solo lʼ1,33% del Pil a questo settore, contro una media Ue del 2,33%. Lʼobiettivo dellʼUnione europea è raggiungere il 3% entro il 2030, una soglia già superata dalla Germania (3,15%) e ancora distante per la Francia (2,18%), che comunque investe più dellʼItalia. Secondo unʼindagine Censis, il 20-25% dei lavoratori italiani utilizza strumenti di IA nel proprio lavoro quotidiano. Le applicazioni più diffuse riguardano la scrittura di e-mail (23,3%), la redazione di messaggi (24,6%), la stesura di rapporti (25%) e la creazione di curricula (18,5%). I dati mostrano che lʼutilizzo dellʼIA aumenta tra i più giovani: nella fascia 18-34 anni, il 35,8% usa lʼIA per la stesura di documenti, contro il 23,5% di chi ha più di 45 anni.

Un futuro automatizzato

Le previsioni per il mercato del lavoro indicano che, entro il 2030, circa il 27% delle ore lavorative in Europa potrebbe essere automatizzato. I settori più esposti sono la ristorazione (37%), il supporto dʼufficio (36,6%) e la produzione (36%), mentre quelli meno impattati saranno la sanità e il m anagement.In termini di preparazione allʼIntelligenza Artificiale, lʼItalia fatica a tenere il passo. Nel Government AI Readiness Index 2024, il nostro Paese si colloca solo al 25° posto, dietro a ben 13 nazioni europee.

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