lunedì, 24 Febbraio, 2025
Economia

Confesercenti: effetto tsunami sui negozi, per ogni apertura quasi tre chiusure

Commercio: consuntivo 2024 da dimenticare

Le cose vanno male, al punto che la Confesercenti parla di “Tsunami sui negozi”. Un sisma che sta sgretolando certezze, fiducia e futuro. Per il commercio, il 2024 è stato un anno da dimenticare: “tra gennaio e dicembre”, illustra la Confederazione, “hanno avviato l’attività appena 23.188 nuove imprese del commercio, mentre ben 61.634 hanno chiuso definitivamente i battenti: un rapporto vicino ad 1 apertura per ogni 3 chiusure, il peggiore degli ultimi dieci anni”.

Una crisi che inizia nel 2020

L’analisi è stata condotta da Confesercenti sui dati camerali.
Rischio aperture “zero” nel 2034. La crisi di natalità, si spiega nella ricerca, nel commercio è un fenomeno ormai strutturale: nel 2014 le aperture erano state 43.324, pari a poco più di 118 al giorno, mentre nel 2024, il ritmo giornaliero di iscrizioni si è ridotto a 63,5, quasi la metà. “Un crollo diventato via via più veloce a partire dal 2020”, osserva la Confesercenti, “se la tendenza di questi ultimi quattro anni proseguisse senza inversioni, già nel 2034 il numero di nuove aperture potrebbe scendere a zero, segnando la fine del commercio come lo conosciamo”.

Centri urbani in desertificazione

Lo scenario diventa ancora più complesso se si calcola la denatalità e la mancanza di nuove forze che desiderano aprire una attività commerciale.
“Senza più ricambio generazionale, la progressiva scomparsa dei negozi indipendenti dai centri urbani sarebbe infatti inevitabile”.

L’aumento delle chiusure

A preoccupare, però, è anche la dinamica delle cessazioni. Se le iscrizioni diminuiscono, le chiusure di negozi continuano invece ad aumentare, per il quarto anno di seguito. “Nel 2024”, rivela la Confesercenti, “ogni giorno hanno abbassato la saracinesca circa 169 attività, contro le 139 del 2020, l’anno del covid. Un aumento che porta il rapporto tra chiusure e nuove iscrizioni vicino a 3 a 1 (2,7): nel 2014, era di 1,5 a 1”.

Regioni, Marche più colpita

Per quanto l’andamento negativo sia riscontrabile su tutto il territorio nazionale, in alcune regioni il processo di desertificazione commerciale – cioè la scomparsa di negozi di vicinato – è più avanzato. “In particolare, nelle Marche si rileva il peggior rapporto tra iscrizioni di nuove imprese e chiusure (1 a 4): per questa regione, il rischio aperture zero è anticipato al 2031”, scrive la Confesercenti, “Seguono, nella classifica negativa, Sicilia (una nuova apertura ogni 3,8 chiusure), Lazio (1 a 3,7), Sardegna (1 a 3,5) e Umbria (1 a 3,2)”.

Il crollo delle nascite

A pesare sul comparto – e in particolare sul crollo delle nascite di imprese – anche fattori demografici. “L’invecchiamento progressivo della popolazione si riflette anche sul sistema imprenditoriale: tra il 2014 ed oggi sono sparite, in tutti i settori di attività, oltre 153mila attività di under35, di cui quasi la metà – 66mila – proprio nel commercio”, calcola la Confederazione, “le maggiori difficoltà dei negozi nascono però anche da un credito sempre più asfittico e da un mercato difficile, sia per la ripresa ‘lenta’ dei consumi delle famiglie sia per l’aumento della concorrenza, con un panorama crescentemente dominato da grandi gruppi e dai giganti dell’online”.

De Luise: fatto poco o nulla

“La desertificazione commerciale è un problema enorme sia sul piano economico sia sul piano sociale. Purtroppo, fino ad ora si è fatto nulla o poco per porre un argine alla scomparsa dei piccoli negozi”, sottolinea Patrizia De Luise, presidente nazionale di Confesercenti, “la prospettiva, sempre più concreta, è che venga definitivamente marginalizzato il canale distributivo che ha fatto conoscere i nostri prodotti in tutto il mondo. Il rischio è di trasferire il totale controllo della distribuzione commerciale a pochi monopolisti e alle grandi multinazionali che dominano le piattaforme dell’on-line. Un danno anche per i consumatori”.

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