Generale Rossi, l’avvento di Trump alla Casa Bianca sta scombussolando quello che era già un grande disordine mondiale. Cominciamo con la guerra tra Ucraina e Federazione Russa Dalle prime indiscrezioni sui contatti tra Washington e Mosca emergono segnali contraddittori al punto che qualcuno teme che le trattative possano concludersi non con una pace giusta ma con una resa di fatto di Kyiv a Mosca.
In questa guerra oltre all’aspetto territoriale ci sono altri tre temi da considerare: la sicurezza dell’Ucraina, la sicurezza europea e la percezione della minaccia da parte della Russia. Questo significa che a un tavolo negoziale bisogna cercare di comporre questi quattro problemi. Io ritengo che gli spazi per un accordo ci possano essere ma i colloqui non possono riguardare solamente gli Stati Uniti e la Federazione russa ma devono coinvolgere anche l’Unione europea e l’Ucraina.
La prima reazione del cancelliere tedesco uscente Scholz ai colloqui Usa-Russia è piuttosto fredda. La Germania ma anche la Francia, la Polonia e i Paesi baltici temono una sorta di scambio tra Putin e Trump che passi sopra la testa sia dell’Ucraina che dell’Unione europea in un quadro diciamo di tiepidezza da parte dell’amministrazione americana nei confronti della stessa Nato. Sono preoccupazioni fondate?
La portavoce capo della Commissione europea Paola Pigno ha detto che siamo all’inizio di un processo un processo che bisogna capire come portare avanti e con la presenza a quel tavolo di tutti gli attori principali usa. Russia Ucraina e Ue. Io sono d’accordo con questa posizione.
Passiamo all’infuocato scenario Mediorientale. Prima l’accelerazione sullo stop al conflitto e alla consegna dei prigionieri di Hamas. Poi l’idea trumpiana della Riviera… E ora le voci su un possibile attacco israeliano all’Iran in forte difficoltà dopo la fine del regime di Assad in Siria e il forte indebolimento sia di Hamas che di Hezbollah. Qual è la sua opinione?
I due fronti su cui è impegnato Israele hanno una diversa situazione. Mentre su quello libanese la tregua con Hezbollah sembra reggere, al di là forse di uno slittamento del ritiro delle truppe israeliane, sul fronte Gaza l’incertezza rimane e non siamo del tutto sicuri che non ci siano degli imprevisti. Israele ha bisogno di avere la piena disponibilità di tutte le sue forze armate, libere da impegni gravosi con Hezbollah e con Hamas, per potersi concentrare verso il terzo fronte quello con l’Iran. Una cosa è certa: se questo ipotetico attacco è stato deciso, ha avuto l’avallo di Trump. Ma nulla è trapelato. Ci sono delle minacce ma tali potrebbero rimanere. In una fase di estrema debolezza dell’ Iran non è il caso di coagulare a favore dell’Iran una serie di nazioni che in questo momento stanno guardando invece alla Siria come tassello di carattere globale. In ogni caso un eventuale attacco aereo e missilistico potrebbe puntare a neutralizzare la minaccia nucleare iraniana senza spingersi oltre.
Ritorniamo un attimo al problema Nato, mai così forte ed estesa dopo l’ingresso della Svezia e della Finlandia mai come adesso in dubbio vista la freddezza di Trump che sembra meno interessato alla difesa europea e più attento agli interessi Usa soprattutto nel contrasto con la Cina. Peraltro in alcuni Paesi europei della Nato soffia un gelido vento di partiti filorussi, come in Romania e Slovacchia, ma anche in Germania e Francia, che potrebbe provocare un indebolimento della presa anche psicologica dell’Alleanza atlantica che è stata il perno fondamentale dell’equilibrio mondiale degli ultimi 70 anni.
L’Europa è chiaramente interessata a che la NATO abbia la sua funzione storica di deterrenza nei confronti della Federazione Russa.
Quando si invoca una pace giusta per l’Ucraina si pensa ad una pace che duri e che ci preservi da altre minacce. E qui la deterrenza della Nato è fondamentale. Gli Stati Uniti sono consapevoli che la NATO riveste un ruolo importante anche per loro, ma vogliono un impegno di carattere finanziario maggiore spostando il peso delle capacità militare più dalla parte dei Paesi europei, ma senza disimpegno Usa. In questo senso si parla di portare al 5% le spese militari. Il ministro Crosetto ha lasciato intendere che al prossimo vertice ci verrà fatta una richiesta di aumento delle spese militari oltre il 2% forse anche al 3%. Io credo che siamo in ritardo. Non esiste una difesa europea comune. Per anni ci siamo cullati dopo la disgregazione dell’Unione sovietica e abbiamo diminuito non solo le forze armate ma soprattutto determinate potenzialità, anche in virtù delle missioni di pace che non richiedevano ad esempio armamenti pesanti come i carri armati, l’artiglieria etc. Lo stesso dicasi anche per il munizionamento. L’aggressione russa all’Ucraina ci ha colti impreparati .E tutti dobbiamo riflettere: la minaccia russa che sembrava scomparsa o diminuita in termini globali è invece di nuovo una realtà.
I primi passi della diplomazia americana nei confronti della Russia sembrano orientati da un atteggiamento distensivo. Trump non sembra voler fare la voce grossa con Mosca. Altrimenti minaccerebbe di dare a Kyiv tutte le armi necessarie per indurre Putin a più miti consigli. Quanto alle spese militari gli Usa spendono il 3,6% e non il 5% del loro PIL. Mentre le spese totali dei Paesi Nato dell’Europa superano abbondantemente il 3%. La Polonia è al 5,6%… Non sarebbe il caso che i Paesi europei cominciassero a pensare quanto meno alla standardizzazione dei sistemi di arma e all’ottimizzazione delle spese?
Questo è un punto dolente di una necessaria politica di difesa comune. L’Europa non ha sviluppato il coordinamento della struttura di comando e controllo per quello che riguarda una possibile forza militare europea. Non solo, ma ha pianificato solo parzialmente iniziative comune sui sistemi di arma e sugli equipaggiamenti che probabilmente avrebbero in termini globali comportato una migliore allocazione delle spese. Ora è diventata una necessità assoluta.