“L’Italia è ancora una volta protagonista di pace e dialogo”, ha scritto il ministro degli esteri Antonio Tajani accogliendo giovedì 13 febbraio a Roma quattordici bambini palestinesi malati di cancro, accompagnati dalle loro famiglie. Vengono dalle zone rase al suolo dai bombardamenti sulla Striscia di Gaza. “Vogliamo continuare ad essere vicini alle popolazioni che hanno sofferto gli orrori della guerra. L’impegno umanitario della politica estera italiana è un tassello del grande mosaico per la ricostruzione della Striscia di Gaza. Ogni bambino che cureremo sarà un monito in favore di una pace stabile e duratura. Per una diplomazia fatta di solidarietà che restituisca la speranza ai più fragili e agli indifesi”, ha aggiunto il vicepremier. Poche ore dopo, verso le 23, i piccoli sono atterrati verso le 23 all’aeroporto militare di Milano Linate. Il sistema sanitario regionale della Lombardia, insieme a Ministero degli Affari Esteri, Dipartimento Nazionale di Protezione Civile e Organizzazione Mondiale della Sanità, ha assicurato con medici, infermieri e soccorritori dell’Agenzia Regionale di Emergenza Urgenza (AREU) il loro trasferimento in diverse strutture sanitarie che si sono offerte di accoglierli e garantire le migliori cure per i piccoli.
Oggi scambio ostaggi
Aleksandr Trufanov (29 anni), Saguy Dekel-Hen (36 anni), Yair Horen (46 anni): venerdì Hamas ha consegnato la lista degli ostaggi che libererà oggi nel sesto scambio dell’accordo sul cessate il fuoco a Gaza. La prima fase prevede che siano liberati ancora 17 ostaggi, dei 76 detenuti da Hamas. Il rilascio avrà luogo a Khan Yunis, nel sud della Striscia, e in almeno un altro punto diverso dell’enclave. In cambio Israele libererà 369 detenuti, 36 dei quali condannati all’ergastolo, e altri 333 arrestati dopo il 7 ottobre. Tra questi, ci sarebbe Hussam Abu Safiya, direttore dell’ospedale Kamal Adwan.
“Restiamo molto preoccupati per le condizioni degli ostaggi”, ha affermato il Comitato Internazionale della Croce Rossa in una dichiarazione su X. “Abbiamo costantemente ribadito che le operazioni di rilascio e trasferimento devono essere eseguite in modo dignitoso e sicuro. Il Cicr continuerà i nostri sforzi per vedere tutti gli ostaggi rilasciati, fino al ritorno dell’ultimo prigioniero. Le ultime operazioni di rilascio rafforzano l’urgente necessità che il Cicr possa accedere alle persone tenute in ostaggio”.
A Riad summit arabo su Gaza
Pochi giorni fa il segretario di Stato americano Rubio aveva risposto alle obiezioni del mondo arabo al piano di Trump di sfollare i palestinesi da Gaza con tono di sfida, affermando che “se gli arabi hanno un piano migliore per Gaza lo presentino”. Così Riad ospiterà entro febbraio un vertice di Arabia Saudita, Egitto, Qatar, Emirati arabi e Giordania proprio per elaborare una risposta congiunta e un piano alternativo che non preveda di cacciare i palestinesi. La riunione avrà luogo qualche giorno prima di quella prevista il 27 febbraio convocato dall’Egitto. Di fronte all’operatività dell’Egitto sulla questione, infatti gli Stati Uniti stanno tentando di fare pressione minacciando di limitare gli aiuti militari se il Cairo non si allinea e non accetta il piano del presidente. In particolare, secondo Al-Araby Al-Jadeed potrebbero essere tagliate le forniture necessarie per la manutenzione di routine e i pezzi di ricambio delle armi.
Piano contro l’Iran
In un’inchiesta del Washington Post di ieri viene rivelato che un attacco israeliano alle strutture nucleari iraniane potrebbe verificarsi già nella prima metà del 2025, gli obiettivi sono le strutture nucleari sotterranee di Fordow e Natanz. Nel loro incontro a Washington, secondo il giornale americano, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente Usa Donald Trump, avrebbero infatti discusso del modo di contrastare il programma nucleare iraniano, piano per cui gli Usa avrebbero dato pieno appoggio ai piani di Tel Aviv. Secondo i diversi report, Israele si aspetta che l’ Iran accetti di smantellare tutte le sue capacità nucleari, in modo simile al piano della Libia del 2003, ed è determinato a sfruttare la sua debolezza in termini di sicurezza. In questo quadro, rivela il Wp, si stanno considerando una serie di linee guida per un’azione congiunta contro Teheran; se questa strategia non dovesse funzionare, gli impianti nucleari iraniani verrebbero direttamente bombardati da Israele, con o senza gli Stati Uniti. L’intelligence americana ha chiarito che, oltre a un possibile attacco, Israele “sta ancora perseguendo un obiettivo più ampio: un cambio di regime a Teheran”.