I tre ostaggi israeliani sono stati tenuti in mostra per diversi minuti prima di essere consegnati alla Croce Rossa. Sul palco allestito a Deir Al-Balah, nel centro della Striscia di Gaza, sono stati costretti a rilasciare dichiarazioni di propaganda affiancati da combattenti di Hamas armati e con il volto coperto. Ohad Ben Ami, 56 anni, Eli Sharabi, 52 anni, e Or Levy, 34 anni. Mentre si trovavano in piedi sul palco, i tre sono apparsi visibilmente pallidi e magri dopo 16 mesi di prigionia. “Dico alle famiglie dei prigionieri di uscire e protestare”, ha detto Ben Ami. “Chiedo al governo israeliano di procedere con il secondo e il terzo accordo in modo che tutti i prigionieri possano tornare a casa. Chiedo alle famiglie di essere forti”, ha aggiunto. Eli Sharabi non ha mai saputo della morte della moglie e delle due figlie durante la prigionia. “Sono molto arrabbiato con il governo israeliano. Spero davvero che l’accordo continui fino alla seconda e terza fase”, ha affermato Sharabi. Sullo sfondo, un grande cartello con scritte in arabo, ebraico e inglese che recitavano: “Noi siamo il diluvio, la guerra è il giorno dopo”, un apparente messaggio al presidente statunitense Donald Trump che questa settimana ha detto che gli Stati Uniti avrebbero preso il controllo di Gaza dopo che i suoi residenti fossero stati mandati altrove. In cambio, Israele ha rilasciato 183 prigionieri palestinesi. Il primo marzo è previsto l’ultimo scambio, resteranno ancora 59 ostaggi nelle mani dei fondamentalisti, di cui 35 sono stati dichiarati morti dall’intelligence.
Netanyahu, “scene scioccanti”
Mentre il Comitato internazionale della Croce Rossa ha lanciato un appello affinchè i prossimi scambi di prigionieri tra Israele e Hamas siano “dignitosi e privati”, l’ufficio del premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha definito “scioccanti” le scene della liberazione dei tre ostaggi: “Il governo israeliano accoglie con favore i tre rimpatriati”, si legge nella nota mentre il premier si trova ancora a Washington, “le loro famiglie sono state informate dalle autorità designate che si erano uniti alle nostre forze”. “Non faremo passare inosservate le scene scioccanti di oggi. Il governo, insieme a tutte le agenzie di sicurezza, accompagnero’ loro e loro famiglie e si impegna a riportare a casa tutte le persone rapite e scomparse”, conclude la nota.
Hamas: “Rispettati i diritti degli ostaggi”
Da parte sua Hamas ha sostenuto in una nota di aver rispettato i diritti degli ostaggi israeliani: ”La nostra resistenza ha aderito ai valori umani e alle disposizioni del diritto umanitario internazionale nel trattamento dei prigionieri e ha compiuto grandi sforzi per preservare le loro vite nonostante i bombardamenti sionisti e i tentativi del criminale di guerra Netanyahu di prenderli di mira e liquidarlì”, si legge in un lungo messaggio riportato da Al Jazeera
Hamas ha invece accusato Israele di imporre una “morte lenta” nelle carceri israeliane ai prigionieri palestinesi: “Il fatto che sette prigionieri siano stati trasferiti in ospedale subito dopo il loro rilascio riflette le aggressioni sistematiche e i maltrattamenti dei nostri prigionieri da parte delle autorità carcerarie israeliane”, ha affermato Hamas. Secondo fonti della sicurezza egiziana e del Palestinian Prisoners’ Club, “tutti i prigionieri che sono stati rilasciati hanno bisogno di cure mediche, trattamenti ed esami a causa della brutalità a cui sono stati sottoposti negli ultimi mesi. Sette sono stati trasferiti in ospedale”. Anche la Mezzaluna rossa palestinese ha confermato la circostanza. A Rafah sono arrivati finora 12 feriti e circa 25 accompagnatori provenienti dalla Striscia di Gaza, mentre resta chiuso per il secondo giorno il valico di Kerem Shalom.
Hamas: “Israele mette a rischio accordo tregua, noi non vogliamo riprendere la guerra”
Intanto, mentre una delegazione israeliana è attesa oggi a Doha per discutere le tappe successive dell’accordo, Bassem Naim dell’ufficio politico di Hamas ha dichiarato all’agenzia Afp che l’accordo “è a rischio”. Accusando Israele di “procrastinare” l’attuazione della prima fase mentre non ci sono dettagli sul proseguimento dei colloqui sulla seconda fase dell’intesa, Naim sostiene che la situazione “potrebbe portare al suo collasso”. Ma “riprendere la guerra non è assolutamente un nostro desiderio”, ha detto.