Ieri Israele ha annunciato l’invio entro questo finesettimana di una delegazione a Doha “per discutere i dettagli tecnici legati all’attuazione continuata dell”accordo”, giunto alla seconda fase,per il cessate il fuoco in cambio del rilascio degli ostaggi. Da parte sua Hamas ha fatto sapere di essere “pronto ad avviare i negoziati per la seconda fase” e che “ha informato i mediatori, durante le comunicazioni in corso e negli incontri tenuti con i mediatori egiziani la scorsa settimana al Cairo”. Secondo quanto hanno detto alla France Presse due alti funzionari di Hamas, “Stiamo aspettando che i mediatori diano inizio al prossimo round di negoziati”.
La ripresa dei colloqui, tuttavia, non significa che le tensioni siano diminuite. Due soldati israeliani sono stati uccisi e almeno sette feriti martedì nel villaggio di Tayasir, area di azione della Brigata Menashe, nel nord della Cisgiordania in un attacco contro una postazione militare. “I soldati hanno eliminato il terrorista durante lo scambio di fuoco”, ha dichiarato l’Idf in un comunicato. L’attacco, ha affermato il portavoce di Hamas Abdul Latif Al-Qanou, è la risposta alla “crescente aggressione” di Israele e al “diritto del nostro popolo a difendersi”.
Il ministro degli insediamenti e dei progetti nazionali Orit Strock, espressione del partito Sionismo Religioso guidato da Bezalel Smotrich, ha messo in guardia il primo ministro: “Se Netanyahu decide di andare in questa direzione disastrosa”, allora il suo partito “si assicurerà che il governo non continui a esistere”, ha detto parlando a Army Radio.
Netanyahu vede Musk
Intanto Benjamin Netanyahu era a Washington, dove ha incontrato, prima di parlare con Trump, il miliardario Elon Musk, nonostante le recenti polemiche per il suo apparente saluto nazista, dalle quali comunque il primo ministro israeliano lo aveva difeso. Sui social, compresa la piattaforma X, è circolata una fotografia in cui si vede Trump unirsi alla coppia, anche se lui e Netanyahu si sono incontrati ufficialmente solo in seguito.
Il Libano denuncia Israele all’Onu
Il ministero degli Affari Esteri e degli Emigranti di Beirut ha presentato ieri, attraverso la missione permanente del Libano presso le Nazioni Unite a New York, “un reclamo al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in merito alla violazione da parte di Israele della risoluzione 1701 e all’annuncio della cessazione delle ostilità e al suo completo disprezzo per i suoi obblighi di rafforzare le misure di sicurezza nel percorso verso l’attuazione della risoluzione 1701″.
Il documento condanna le continue violazioni del cessate il fuoco da parte di Israele sin dalla sua entrata in vigore il 27 novembre 2024, nonché i continui attacchi via terra e via aria che hanno portato alla distruzione di case e quartieri, nonché altre violazioni del cessate il fuoco. “Questi includono rapimenti di cittadini libanesi, tra cui soldati dell’esercito libanese, e attacchi a civili che tornavano ai loro villaggi di confine, con l’uccisione di circa 24 civili e il ferimento di oltre 124. La denuncia fa anche riferimento ad attacchi israeliani alle pattuglie dell’esercito libanesi e giornalisti”, ha aggiunto il ministero. Il ministero ha inoltre invitato il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, e in particolare gli Stati che hanno sottoscritto l’accordo di cessate il fuoco, ad assumere una “posizione ferma e chiara” di fronte a queste violazioni e ad adottare misure per costringere la parte israeliana a rispettare i propri obblighi.
Siria, niente assetto federale
In un’intervista rilasciata ieri all’Economist in cui ha dichiarato di non nutrire “tanto ottimismo” sull’esito dei colloqui avviati con le Forze democratiche siriane (Sfd) che controllano l’area il presidente siriano de facto, Ahmad Al-Sharaa (al-Jolani), ha reso noto che la Turchia “si stava preparando a lanciare una guerra, ma abbiamo chiesto di aspettare per dare spazio ai negoziati”.Alla domanda se accetterà il sistema federale chiesto dai curdi,cosa che farebbe imbestialire Instanbul, Al Jolani ha risposto: “Un sistema federale in Siria manca del sostegno popolare”.