È decisamente ora di cambiare passo nella gestione dei fondi strutturali europei, dopo sette anni dall’avvio del periodo 2014-2020, siamo agli ultimi posti in Europa per utilizzo di queste preziose risorse, peggio di noi solo Croazia e Slovacchia.
L’Italia dispone di 54 mld di euro tra Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e Fondo Sociale Europeo, però gli impegni giuridicamente vincolanti sono fermi ad appena 58%, mentre la spesa realizzata si attesta appena al 30%.
In risposta al Coronavirus la Commissione europea ha varato una serie di misure (CRII e CRII+) che per l’anno finanziario 2020-2021 consentono una eccezionale flessibilità nell’impiego dei fondi, per esempio ha allargato le maglie degli Aiuti di Stato, permesso di trasferire fondi alle imprese come capitale circolante, eliminato tutti i vincoli, ecc.
La gravità delle conseguenze economiche del Covid19 non sfugge a nessuno, Balassone di Bankitalia prevede insolvenze oltre il 10% sui 450 mld di garanzie pubbliche, Sangalli di Confcommercio chiede risorse dirette per le imprese come anche Landini di CGIL, perfino Papa Francesco raccomanda misure di sostegno per i lavoratori.
I fondi europei ancora da programmare ammontano a circa 23 mld di euro e potrebbero essere utilizzati per dare respiro all’economia se solo la relativa riprogrammazione non si fosse impantanata a livello centrale.
La flessibilità eccezionale data dalla Von der Leyen dura solo un anno (salvo proroghe future), quindi è necessario che le Regioni colgano l’opportunità a volo e riprogrammino velocemente le risorse in direzione di cospicui trasferimenti di capitale circolante verso le imprese, così da combattere la desertificazione economica del nostro paese.