giovedì, 30 Gennaio, 2025
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Inquinamento, la Condanna della Corte europea: “Terra dei Fuochi. Grave rischio per gli abitanti. L’Italia intervenga”

Gli avvocati delle vittime e delle persone malate: decisione storica. Don Patriciello: quante calunnie subite da chi denunciava i reati

Una richiesta “senza indugio”, per attuare misure generali in grado di affrontare in modo adeguato il fenomeno dell’inquinamento e una condanna per l’Italia per i ritardi che hanno messo a rischio i cittadini. residenti. Il documento della Corte europea dei diritti umani oltre le indicazioni è perentoria nel decidere la condanna: “Le autorità italiane mettono a rischio la vita degli abitanti della Terra dei Fuochi”, ossia l’area campana tra le province di Napoli e Caserta coinvolta nei decenni scorsi nell’interramento di rifiuti tossici”. La Corte, inoltre, sottolinea che l’Italia, “pur riconoscendo la situazione, non ha preso le dovute misure”.

 

La sentenza e il rischio grave

Così la Corte ha raccolto il ricorso istruito dall’avvocato Valentina Centonze e presentato da decine di cittadini e 5 associazioni del territorio. Sui tempi lo Stato italiano avrà a disposizione due anni per introdurre misure a garanzia della tutela della salute nell’area dove è stato registrato un aumento dei tassi di cancro e dell’inquinamento delle falde acquifere.
Nella sentenza i giudici europei hanno riconosciuto un rischio per la vita “sufficientemente grave, reale e accertabile”, che può essere qualificato come “imminente”. I giudici inoltre ritengono che “non ci siano prove sufficienti di una risposta sistematica, coordinata e completa da parte delle autorità nell’affrontare la situazione della Terra dei Fuochi”. Nel documento si pone in evidenza anche i limiti dell’azione dello Stato che “non è stato in grado di dimostrare di aver preso tutte azioni penali necessarie per combattere lo smaltimento illegale di rifiuti nell’area della Terra dei Fuochi”.

 

Informazioni coperte e inascoltate

“Data l’ampiezza, la complessità e la gravità della situazione”, osserva la Cedu, “era necessaria una strategia di comunicazione completa e accessibile, per informare il pubblico in modo proattivo sui rischi potenziali o reali per la salute e sulle azioni intraprese per gestire tali rischi. Questo non è stato fatto. Anzi, alcune informazioni sono state coperte per lunghi periodi dal segreto di Stato”. La condanna tuttavia non ha tenuto in considerazione, rigettandoli i ricorsi delle associazioni e di numerosi individui. I giudici ritengono che le associazioni non sono “direttamente interessate” da presunte violazioni derivanti da un pericolo per la salute dovuto all’esposizione al fenomeno dell’inquinamento, e che “mancano della legittimazione ad agire per conto dei loro membri”.

Don Patriciello: quante calunnie subite

Numerosi i commenti che hanno seguito la divulgazione della sentenza di condanna. Don Maurizio Patriciello, il parroco anti-clan di Caivano, sottolinea. “Quante calunnie abbiamo dovuto subire; quante minacce; quante derisioni; quante offese; quante illazioni. I negazionisti, ignavi, collusi, corrotti, ci infangavano. Siamo andati avanti. Convinti. Vedevamo con i nostri occhi lo scempio delle nostre terre e delle nostre vite. Grazie a tutti i volontari; grazie ai medici per l’ambiente; grazie alle Chiese campane con i loro vescovi e i loro preti”. Il parroco inoltre ricorda con rammarico e tristezza le morti. “Un ricordo commosso va ai nostri morti di cancro. Ai miei fratelli Giovanni e Francuccio. A mia cognata Giuseppina e a mio nipote Severino”, scrive don Maurizio, “Ai tanti, tanti bambini che il cancro ha dilaniato. Un ricordo particolare per il compianto magistrato Federico Bisceglia. A tutti voi che con noi avete lottato, sofferto, ingioiato lacrime e amarezze, un abbraccio grande quanto il sole”.

 

I promotori: lo Stato intervenga

A porre in evidenza ritardi e vittime sono anche i promotori delle denunce. Enzo Tosti, residente ad Orta di Atella in provincia di Caserta, del Comitato Terra dei Fuochi, fu tra i firmatari del ricorso alla Cedu e sta “pagando”, visto che gli è stato diagnosticato un linfoma e nel sangue è stata trovata una concentrazione preoccupante di sostanze cancerogene come l’esaclorobenzene. “E’ passato tanto tempo”, sottolinea Enzo Tosti, “ma la sentenza è finalmente arrivata. Però la situazione non è cambiata, tra Caserta e Napoli si continua ad ammalarsi, a morire e a sversare rifiuti. Va avviata subito la bonifica dei siti inquinati”.
Alessandro Cannavacciuolo, 36 anni di Acerra, è tra i promotori del ricorso presentato nel 2013. “Dopo undici anni arriva finalmente una sentenza che attesta come lo Stato italiano non abbia tutelato la salute dei suoi cittadini. E ora basta annunci e proclami, bisogna intervenire con le bonifiche e un nuovo e concreto progetto di rilancio di questo territorio”. Alessandro Cannavacciuolo, tra i protagonisti delle denunce di inquinamento e promotore
del Comitato Terra dei Fuochi, ricorda i parenti ammalati, e si dichiara parzialmente soddisfatto, “perché negli anni è aumentata la consapevolezza delle persone. Però è lo Stato che ora deve capire che è il tempo di agire”.

Gli avvocati: decisione storica

Valentina Centonze, è l’avvocato che assiste 71 ricorrenti residenti in Terra dei Fuochi assieme ai colleghi Antonella Mascia, Armando Corsini e Ambrogio Vallo. “Una sentenza storica quella emessa oggi dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo che si è pronunciata sul caso di Cannavacciuolo e altri ricorrenti accertando che lo Stato Italiano ha violato l’art. 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo vista l’esistenza di un pericolo concreto reale ed imminente per la salute dei cittadini campani”.
La sentenza ammette un rischio, evidenzia Valentina
Centonze, “sufficientemente grave, reale, accertabile e imminente dovuto al fenomeno dell’inquinamento in atto”, l'”esistenza di un obbligo di protezione” e la mancanza “di una risposta sistematica, coordinata e strutturata”. Per l’avvocato che assiste 71 ricorrenti residenti in Terra dei Fuochi, “Si evidenzia anche la necessità di una strategia globale che riunisca le misure previste”, conclude Valentina
Centonze, “un meccanismo di monitoraggio indipendente e una piattaforma informativa. La Corte si riserva di valutare danni morali ai ricorrenti in base al comportamento delle autorità governative circa gli strumenti individuati per supplire alle carenze segnalate, e le misure correttive raccomandate dalla Corte”.

Legambiente: responsabilità politiche bipartisan

“Una sentenza che richiama alla responsabilità un’intera classe politica bipartisan che per anni ha sottovalutato, nascosto quello che accadeva in quel territorio”, puntualizzano Stefano Ciafani e Mariateresa Imparato rispettivamente presidente nazionale e regionale di Legambiente, “La Terra dei fuochi è una terra ‘martoriata’ nella sua essenza più profonda ed ignorata per decenni da una classe politica trasversale che non è riuscita ad adottare soluzioni serie e concrete”.
“Dal 2003, anno in cui come Legambiente abbiamo coniato il termine nel nostro rapporto Ecomafia, raccogliendo le denunce che arrivavano dai nostri circoli presenti sul territorio, si sono succeduti 12 governi nazionali e 5 a livello regionale senza trovare un ‘vaccino’ efficace contro il virus ‘Terra dei Fuochi’”, ricordano Stefano Ciafani e Mariateresa Imparato, “Chiediamo che in quei territori venga da subito attuata la sentenza, che impone una strategia globale, l’istituzione di un monitoraggio indipendente e una piattaforma di informazione pubblica. Deve essere fatta davvero ecogiustizia, a partire da una accelerazione seria, efficiente ed efficace della bonifica e con la chiusura del ciclo dei rifiuti”. “Lo dobbiamo”, concludono i due esponenti di Legambiente, “ai tanti onesti cittadini campani che vogliono riscattare il proprio territorio e affermare i principi di legalità e trasparenza. Per fermare il fuoco e i veleni dell’ecomafia è necessario dare risposte efficaci, troppo a lunghe rimandate, che richiedono uno sforzo congiunto di tutti”.

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