La Corte Suprema italiana ha confermato, giovedì, la condanna per diffamazione nei confronti di Amanda Knox, cittadina statunitense, per aver accusato ingiustamente, nel 2007, un uomo dell’omicidio della sua coinquilina britannica. Il caso affascinò e divise il pubblico sia in Europa che in America. Knox aveva fatto appello basandosi su una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che aveva stabilito che i suoi diritti erano stati violati poiché la polizia non le aveva fornito un avvocato e un traduttore adeguati durante gli interrogatori subito dopo l’omicidio di Meredith Kercher. La giudice Monica Boni ha pronunciato il verdetto in un’aula quasi vuota, con solo alcuni giornalisti e guardie presenti. Gli avvocati di Knox e di Patrick Lumumba, l’uomo ingiustamente accusato, erano già andati via. Lumumba, contattato telefonicamente, ha espresso soddisfazione per il verdetto. La sentenza conclude una saga legale durata 17 anni, che ha visto Knox e il suo ex fidanzato italiano condannati e poi assolti per l’omicidio della 21enne Meredith Kercher, prima di essere definitivamente scagionati nel 2015. Il team legale di Knox sostiene che la ragazza avesse accusato Lumumba sotto pressione durante un lungo interrogatorio, dopo che la polizia che le avrebbe fornito informazioni fuorvianti. Knox non rischia ulteriore detenzione avendo già scontato quasi quattro anni. Rientrata negli Stati Uniti nel 2011 dopo essere stata liberata, è ora un’attivista per le persone condannate ingiustamente. Knox era una studentessa ventenne a Perugia quando la Kercher fu trovata accoltellata a morte il 2 novembre 2007. Il caso catturò l’attenzione dei media internazionali, con sospetti inizialmente rivolti a Knox e al fidanzato, Raffaele Sollecito. Dopo otto anni e due appelli, sono stati completamente scagionati nel 2015. Rudy Hermann Guede venne condannato per l’omicidio dopo che il suo DNA fu trovato sulla scena del crimine. E’ stato liberato nel 2021.