“Una giornata significativa nei negoziati per la liberazione degli ostaggi e il cessate il fuoco a Gaza”: così sono stati definiti ieri sera i colloqui previsti a Doha in una conference call tra gli inviati del presidente uscente Joe Biden e del presidente eletto Donald Trump. Nel mentre, un alto funzionario di Hamas ha dichiarato al quotidiano qatariota al Araby al Jadeed che l’accordo è sostanzialmente completato e che i mediatori ora attendono l’approvazione di Benyamin Netanyahu. I segnali di una svolta erano stati sensibili già nella serata di sabato, quando il governo israeliano aveva riferito che una delegazione guidata da David Barnea e Ronen Bar, capi dei servizi segreti esterni ed interni, Mossad e Shin Bet, era partita per Doha per proseguire i negoziati con Hamas. In precedenza il primo ministro dello Stato ebraico, Benjamin Netanyahu, aveva incontrato Steve Witkoff, l’inviato del presidente eletto, Donald Trump.
L’esercito israeliano ha approvato diversi piani per un “rapido ritiro” da Gaza, secondo Haaretz, ed è pronto ad attuare qualsiasi accordo stipulato dal governo, mentre un altro quotidiano israeliano, Yedioth Ahronoth, scrive che Tel Aviv e il movimento islamista avrebbero chiuso “il 90% dei dettagli” per una tregua. Sul tavolo c’è la liberazione di 33 ostaggi israeliani, da una parte, contro il rilascio più di 3.000 prigionieri palestinesi, tra cui 200 condannati all’ergastolo, oltre a tutti i bambini, le donne e i malati detenuti nelle carceri israeliane.
Summit sulla Siria in Arabia Saudita
Intanto l’Arabia Saudita ha ospitato ieri i ministri degli Esteri europei e mediorientali per discutere della Siria, in vista di un ritorno alla stabilità dopo la caduta di Bashar al-Assad.”Ci saranno due incontri. Il primo tra gli Stati arabi. Il secondo tra gli Stati arabi e altri paesi”, tra cui Francia, Regno Unito, Germania, Italia, Turchia e Spagna, così come le Nazioni Unite, ha detto ieri all’AFP un funzionario saudita. L’incontro arriva in un momento in cui le autorità di transizione guidate dal nuovo leader del paese, Ahmad al-Shareh, chiedono la revoca delle sanzioni internazionali contro la Siria. Le potenze occidentali, tra cui gli Stati Uniti e l’Unione Europea, avevano imposto sanzioni al governo di Bashar al-Assad a causa della repressione delle proteste popolari nel 2011, che ha scatenato la guerra civile. Dopo 13 anni di una guerra che ha ucciso più di mezzo milione di persone, devastato l’economia e costretto milioni di persone a fuggire, anche verso l’Europa, i ribelli guidati dal gruppo islamista radicale Hayat Tahrir al-Sham (HTS), l’ex ramo siriano di al-Qaeda, hanno estromesso Bashar al-Assad dal potere l’8 dicembre.Il governo di transizione che si è insediato sulla scia della crisi da allora sta spingendo per la revoca delle sanzioni internazionali, ma molte capitali, tra cui Washington, hanno detto che stanno aspettando di vedere come le nuove autorità eserciteranno il loro potere prima di prendere una decisione.
Yemen, esplosioni a catena: almeno 15 i morti e 60 i feriti
Diverse esplosioni si sono verificate nello Yemen meridionale provocando almeno 15 morti e oltre 60 feriti: è quanto riferisce il ministero della Salute del Paese. Le esplosioni a catena hanno investito in successione due stazioni di servizio e un vicino deposito di carburante nella provincia yemenita di Al Bayda. A riferirne sono stati i media locali citando fonti ufficiali. L’incidente, nel distretto di Zaher, è avvenuto in un momento in cui la stazione di servizio era affollata. Le autorità hanno già avviato un’indagine sulle cause dell’esplosione, che non sono ancora state determinate.