Per loro più che dal Coronavirus i pericoli arrivano dalla chiusura forzata dei loro negozi e laboratori. Per parrucchieri, estetisti e per quanti operano nel settore estetico e cura della persona il rischio è quello che la crisi da chiusura forzata travolgerà migliaia di imprese, di attività connesse e spazzerà i posti di lavoro.
Si esprime così e si comprende la rabbia di 50 mila imprese che rappresentano il mondo degli acconciatori e degli estetisti. Il settore, secondo sindacati e associazioni di categoria, rischia il tracollo con 90 giorni di chiusura, mentre gli abusivi lavorano in casa. Ieri si sono moltiplicate le proteste e le note di disappunto contro il provvedimento del Governo che per evitare possibili contagi ha prorogato ancora di un mese la chiusura dei negozi. Una scelta che ha suscitato un coro critiche.
L’Associazione nazionale delle imprese cosmetiche, Cosmetica Italia, per voce del suo presidente Renato Ancorotti manifesta tutta la sua insoddisfazione per la proroga voluta dal Governo che di fatto ha stabilito la riapertura dei centri estetici e di parrucchieri a partire dal primo giugno (tra l’altro un lunedì).
Secondo l’associazione ci sono a rischio 50mila imprese che si vedono portare via il lavoro dagli abusivi che lavorano a nero a domicilio, si legge nel comunicato stampa dell’associazione di categoria.
“Tale provvedimento”, riferendosi al Dpcm, “avrà insostenibili conseguenze su un settore economico grande e frammentato, costituito in gran parte da piccole imprese già in difficoltà a causa del lungo periodo di chiusura obbligatoria per l’emergenza Coronavirus, l’associazione ritiene che “il settore è certamente in grado di darsi ulteriori regole igienico-sanitarie rigorose, a completamento di quelle efficaci già normalmente applicate, per una ripresa rapida che coniughi attenzione alla salute e alla sicurezza degli operatori e dei clienti, richiesta di benessere dei cittadini e riduzione degli impatti sociali”.
Tuttavia, scrive Ancorotti, “nessun tavolo è stato aperto per la definizione di un protocollo sanitario condiviso finalizzato alla ripresa in sicurezza di queste attività”. Dall’associazione tuttavia non si perde la speranza che ci sia un cambio di idea, che si possa tornare a ripensare la data di apertura accorciando il periodo di chiusura. C’è infatti ancora chi spera, comunque, che sia “possibile un ripensamento del governo ed una ridefinizione delle regole a sostegno della categoria”. L’associazione ricorda che le 50mila imprese rappresentano il lavoro e la fonte di reddito per 300mila famiglie italiane.e nelle ultime ore si sono registrate diverse proteste . A Padova i titolari di un negozio di parrucchieri di sono incatenati per protesta all’esterno del loro locale commerciane mantenendo la distanza di sicurezza.
“Non possiamo”, hanno ribadito, “rimanere fermi, siamo pronti a rispettare le regole e le norme igienico sanitarie a tutela dei nostri clienti, ma “non possiamo rimanere fermi”.