lunedì, 6 Gennaio, 2025
Economia

Paradisi fiscali in Europa: 10 miliardi di euro sfuggono all’Italia ogni anno

Secondo la Cgia solo 206 milioni vengono versati dalle big tech

Quando si parla di paradisi fiscali, si pensa immediatamente alle isole remote del mare dei Caraibi, circondate da acque cristalline e palme al vento. Ma la realtà è completamente diversa: i cosiddetti paradisi fiscali, che sono i più influenti e dannosi sul pianeta per noi, europei, si trovano a pochi passi da qui. Secondo una ​analisi del World Inequality Lab, i cinque maggiori centri finanziari offshore del mondo, a eccezione di Bermuda, includono il Principato di Monaco, il Granducato di Lussemburgo, Liechtenstein e le isole del Canale della Manica. La ragione sono i regimi fiscali incredibilmente favorevoli che attirano super-ricchi e società multinazionali in cerca di un carico fiscale minimo o nullo. A esempio, secondo gli studi di Cgia Mestre, circa 8000 italiani vivono a Montecarlo, dove le imposte sul reddito e le imposte sugli immobili sono zero. Tra essi ci sono molte persone comuni, ma molti imprenditori, sportivi e star. Ed è solo uno degli esempi: ci sono circa sei banche italiane e oltre mezzo centinaio di società di assetto nel Granducato del Lussemburgo.

Impatto devastante

L’impatto di queste pratiche sull’erario italiano è devastante: ogni anno sfuggono alle casse dello Stato circa 10 miliardi di euro. Quando super-ricchi e grandi gruppi industriali non versano il dovuto, l’intero sistema fiscale ne risente. I colossi internazionali usufruiscono delle infrastrutture italiane – porti, aeroporti, ferrovie – e dei servizi pubblici – giustizia, sanità, istruzione – senza contribuire adeguatamente. Paradossalmente, ricevono anche incentivi statali per operare nel Paese e, in caso di crisi, accedono agli ammortizzatori sociali italiani. Questa erosione della base imponibile impoverisce l’intera collettività. La riduzione del gettito fiscale implica minori risorse per i servizi pubblici essenziali e, di conseguenza, un aumento delle disuguaglianze sociali. I contribuenti onesti finiscono per pagare di più per servizi spesso inadeguati. Un sistema equo, in cui tutti pagano il dovuto, garantirebbe risorse sufficienti per migliorare le condizioni di vita di tutti i cittadini.

Le grandi multinazionali tecnologiche sono tra le principali protagoniste di questa dinamica. Secondo l’Area Studi di Mediobanca, nel 2022 le prime 25 big tech presenti in Italia hanno fatturato 9,3 miliardi di euro, versando al fisco solo 206 milioni. Un dato che dimostra quanto la disparità fiscale sia allarmante. Nel complesso, le multinazionali estere con società controllate in Italia sono 18.434, ma i dati sulle aziende italiane che operano all’estero con gli stessi meccanismi sono scarsi.

Global minimum tax

Per arginare questa piaga, dal 2024 è entrata in vigore la Global minimum tax, con un’aliquota minima del 15% per le multinazionali. Ma il gettito previsto rimane modesto: nel 2025 si stimano 381 milioni di euro, con un leggero incremento negli anni successivi. Inoltre, non tutti i Paesi Ue l’hanno adottata immediatamente, lasciando ancora margini di elusione. Il ruolo delle multinazionali nell’economia italiana è comunque significativo: quasi la metà del fatturato nazionale (45,7%) è generato da queste grandi aziende, con punte del 66,9% nel Lazio. Anche il 20% dell’occupazione totale è legato alle multinazionali, rendendo il fenomeno ancora più complesso da affrontare.

Infine, occorre distinguere tra evasione ed elusione fiscale. Gli evasori non versano il dovuto, ma spesso reinvestono localmente. Gli elusori, invece, trasferiscono ricchezze all’estero, impoverendo il tessuto economico nazionale. Entrambi i comportamenti restano dannosi e necessitano di misure decise per essere contrastati.

 

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