Consumi e desideri sovrastano l’etica del cittadino produttore. Senza lavoro e crescita collettiva le società individuali sfioriscono e con loro la democrazia
Inizia oggi una nuovo anno, il 2025, – è già trascorso un quarto di secolo da quel brindisi del 2000 dove si temevano le conseguenze del “baco del Millenio”, con una società che sarebbe impazzita dietro un errore nella transizione dei numeri -. Non è accaduto, ma la storia ci dice che ci sono stati innumerevoli altri avvenimenti e problemi, che oggi tocchiamo con mano. Dal cambiamento climatico, alle tragedie terribili delle guerre in corso, al crollo della natalità, ad una cultura occidentale in crisi di identità. I motivi di riflessione sono tanti e non tutti negativi, ovviamente, abbiamo pur sempre fatto passi avanti in molte direzioni, in particolare nella scienza e tecnologia. C’è in questo scenario tuttavia una sensazione crescente di precarietà, che poi investe le vite, l’economia e, naturalmente la politica. Un senso fuggevole, di instabilità capricciosa che assedia i comportamenti e le esistenze, dove tutto appare mutevole e indefinito.
Dalla fabbrica al centro commerciale
In sociologia e in finanza si discute molto di questa velocità, di come siano cambiati i modelli di riferimento sociali ed economici. Dai campi e dalla fabbrica come luoghi metafora di valori esistenziali, di lavoro, di conflitti, idee, lotte e conquiste, si è passati fisicamente e mentalmente al Centro commerciale dove si è cittadini acquirenti, dove ai i “bisogni” si sono sovrapposti seducenti i “desideri”. In parole più crude, sembra dissolversi il ruolo del cittadino produttore per far posto al protagonismo del cittadino consumatore.
Dalla produzione al consumo
Ma cosa significa oggi essere consumatori? Il sociologo e filosofo Zygmunt Bauman ci racconta che la modernità è “liquida”, nel senso che la vita non ha più punti fermi; tutto passa velocemente, troppo velocemente. Al pari delle merci ci si “rinnovano” per prometterci nuove possibilità di vita sognata e soprattutto di acquisti. Così i confini di una volta che hanno storicamente scandito e distinto i ruoli: tra essere cittadino utente di un servizio e non solo acquirente; essere produttivo e non solo consumatore; essere elettore verso una idea e un programma e non cliente di uno slogan. I confini sono stati abbattuti. La stessa organizzazione del territorio, si è strutturata non più come luoghi di produzione ma come spazi di consumo. Così anche le relazioni collettive assumono un altro carattere . Dietro le merci si celano nuovi valori che modificano l’identità individuale fino a sottrarla a quella collettiva. Così come sono cambiati i ruoli della informazione, della partecipazione, dei servizi offerti. Fino ad essere immersi in un universo di click senza una vera e consapevole identità.
Si torni alla partecipazione
Di questa nuova era sociale tuttavia ne individuiamo già i tratti problematici, il primo è la difficoltà di unire la crescita con una equità sociale – che appare (per rimanere alle questioni del nostro Paese) ormai un ricordo di una Italia negli anni ‘60 del secolo scorso -; con l’allora crescita diffusa dei servizi essenziali a cui tengono i cittadini, come la sanità pubblica, i trasporti, la partecipazione attraverso la comunità dei partiti alle scelte della Nazione. Inoltre come segnalano i pensatori liberali e cattolici c’è una evidente crisi del rapporto tra capitale e democrazia, così come c’è una chiara e stridente accumulazione della super ricchezza e potere concentrate in poche mani private. Sotto una pressione così ampia di nuove occasioni, l’esigenza individuale viene anteposta alla realizzazione della cosa e del bene pubblico. La stessa politica viene assorbita dalla pretesa del neo capitalismo di liberarsi delle regole degli Stati e, soprattutto, delle sponde etiche.
Il nostro auspicio
In questo contesto così inesplorato le parole di Papa Francesco nelle sue encicliche: “Laudato si’” e “Fratelli tutti”, e le riflessioni così sobrie e attente verso il bene della Democrazia, dell’interesse comune, del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ci richiamano e ci indicano altre prospettive. Il distinguere come valore l’interesse particolare da quello generale. È così necessario e forse urgente ritrovare la via di una più ampia coscienza collettiva. Di promuovere azioni di mitezza, di consapevolezza e di altruismo. Di puntare ad una politica di inclusione, soprattutto dei giovani. Riaffermare un ruolo etico e politico del cittadino che produce. Questo il nostro auspicio per il 2025. Aprire con tenacia e umiltà nuovi spazi di dialogo. Ne trarremo un vantaggio tutti. Buon anno ai nostri lettori e a tutti i cittadini.