mercoledì, 18 Dicembre, 2024
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Il poeta dell’Infinito per il primo concerto dell’Opera di Roma. Michele Mariotti e Sergio Rubini raccontano Giacomo Leopardi

“la musica, anche la meno espressiva, anche la più semplice, produce a prima giunta nell’animo un ricreamento, l’innalza o l’intenerisce.”

Michele Mariotti

Era il 24 settembre del 1821 e Giacomo Leopardi con queste parole intendeva trasmettere il grande potere della musica. Del resto la grande tradizione culturale internazionale ha ben sperimentato la collaborazione e la contaminazione creativa tra poeti e compositori, ne è un fulgido esempio Schubert con il Re degli Elfi, lied che mette in musica una ballata di Goethe.

L’8 dicembre gl’interminati spazi e i sovrumani silenzi cantati da Leopardi sul monte Tabor, l’ermo colle su cui sedeva a contemplare l’immensità, sono stati protagonisti e ispiratori del primo concerto di stagione del Teatro dell’Opera di Roma, per la direzione del Maestro Michele Mariotti e l’interpretazione di Sergio Rubini.

Una partecipazione straordinaria, quella dell’attore e regista, che anticipa la messa in onda su Rai1 della miniserie evento in due puntate, da lui diretta, dal titolo Leopardi – Il poeta dell’infinito, prevista per il 7 e 8 gennaio 2025.

In apertura di concerto sono stati proiettati alcuni estratti della miniserie diretta da Sergio Rubini ed è stato come entrare dentro quello spicchio d’ottocento che ha dato i natali a Leopardi: “il natio borgo selvaggio”, quella Recanati così angusta per lo strabordare dei sentimenti e degli ideali del poeta; la biblioteca paterna in cui si rifugiava per saziare la sua sete di conoscenza e quei “sette anni di studio matto e disperatissimo”; l’amore bruciante per Fanny Targioni Tozzetti; l’amicizia con Antonio Ranieri. Le immagini riconsegnano molto dell’animo di un uomo straordinario, un poeta eterno, uno spirito sublime tormentato dall’irrealizzabile ideale che si faceva morsa di dolore. Giacomo Leopardi per me rappresenta una bellezza spirituale intera e lirica, qualcosa di così distante dall’oscuro rumore del mondo che solo la musica, oltre le sue parole, può realizzare senza compromessi e mediazione. Per questa ragione trovo eccellente l’idea di Mariotti di realizzare un concerto che facesse dialogare le parole del poeta con altrettanti giganti della musica, legandoli sulla scorta di assonanze emotive oltre che artistiche. Come racconta il maestro infatti, Schubert e Mahler sono stati i primi due autori a cui ha pensato per un accostamento a Giacomo Leopardi. Schubert è stato un uomo di grandissimo coraggio proprio come Leopardi e Mahler sa rappresentare come nessuno la dicotomia vita e morte, così presente nelle liriche leopardiane, basti pensare al canto “amore e morte” in cui il poeta canta la bellezza di entrambe e quanto siano figlie della stessa sorte. “più che che di pessimismo dovremmo parlare di realismo quando pensiamo a Leopardi e a Mahler, in entrambi c’è la coscienza di quali sono i meccanismi fondamentali della vita. Sia in Schubert che in Mahler i momenti più terribili sono intrecciati all’espressione di un infinita dolcezza. Come si diceva per Leopardi in Mahler c’è un immenso amore per la vita che si lega ad una lucida e terribile consapevolezza della tragedia insita nella vita stessa.”

Sergio Rubini

Azzeccatissima anche la scelta dell’Eroica di Beethoven, perché le illusioni che tanto bruciano il sangue di Leopardi, sono della stessa sostanza di quelle che il compositore riversa nella quinta Sinfonia, dove uccide le speranze riposte nella figura di Napoleone. Una sinfonia meravigliosa, imponente per durata, romantica negli intenti e classica nella forma, testimonianza eccellente della grandezza di Beethoven, autore che si impone per la sua soggettività tanto geniale quanto rivoluzionaria eppure permeata dai dettami del classicismo: un Titano della musica accanto a un Titano della parola. Forse proprio per questo ho trovato la seconda parte del concerto particolarmente riuscita, con uno straordinario lavoro di direzione del maestro Mariotti, decisamente ottime le esecuzioni orchestrali e una sapiente, misurata, perfettamente integrata, narrazione di un grande attore quale Sergio Rubini.

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