In questi mesi l’attenzione di tutti è rivolta al problema del contenimento della pandemia da coronavirus che tanto dolore e sofferenza ha generato da una parte all’altra dello Stivale. Ciò non significa che altre emergenze sociali debbano essere colpevolmente abbandonate. Anche perché, con l’obbligo del distanziamento sociale e dell’isolamento, vi possono essere conseguenze altrettanto gravi che richiedono un intervento deciso da parte delle autorità.
Ci riferiamo alla violenza nei confronti delle donne che costituisce una vera e propria emergenza sociale, nonostante la ratifica da parte del nostro Paese della Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (di Istanbul), primo strumento internazionale giuridicamente vincolante, volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza.
Basta leggere i dati Istat per rendersi conto della diffusione e della pericolosità del fenomeno: ha subìto violenze fisiche o sessuali da partner o ex partner il 13,6% delle donne (2 milioni 800 mila), in particolare il 5,2% (855 mila) da partner attuale e il 18,9% (2 milioni 44 mila) dall’ex partner. La maggior parte delle donne che avevano un partner violento in passato lo hanno lasciato proprio a causa delle violenza subita (68,6%). In particolare, per il 41,7% è stata la causa principale per interrompere la relazione, per il 26,8% è stato un elemento importante della decisione.
A ribadire la necessità di tenere alta la guardia sul tema è una interrogazione al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, da parte della deputata Veronica Giannone, segretario della Commissione parlamentare per l’Infanzia e l’adolescenza.
Nel mirino dell’atto di sindacato ispettivo finisce la cd. “alienazione parentale”, chiamata in origine Pas, spesso viene utilizzata nelle Consulenze tecniche d’ufficio dei tribunali come pretesto, talvolta unico, per allontanare minori dalle madri, definendole alienanti, simbiotiche, malevole, manipolatrici.
La Corte di Cassazione ha ritenuto l’alienazione parentale priva di fondamento scientifico e, nel 2019, ha escluso la decisiva rilevanza processuale di tale sindrome definendola priva di basi scientifiche.
Senonché il caso – che ha avuto una vasta risonanza sulla stampa – di una donna che dopo aver denunciato le violenze dell’ex compagno, rischia di perdere la custodia del figlio di 4 anni avuto con l’uomo, in quanto, dopo anni di soprusi e violenze, è accusata di “alienazione genitoriale”, nonostante il padre del bimbo sia stato condannato per maltrattamenti, ha riportato la questione al centro dell’attenzione e del dibattito pubblico.
Di qui la mobilitazione della deputata del Gruppo Misto che si è rivolta al Guardasigilli per sapere se intenda adottare iniziative normative affinché sia escluso il riconoscimento dell’alienazione parentale, in quanto priva di validità scientifica e se intenda adottare le iniziative di competenza affinché vengano adottate misure idonee a tutelare donne e minori coinvolti in episodi di violenza domestica. Bonafede viene interrogato anche in merito alla opportunità di promuovere, con estrema urgenza, iniziative ispettive in relazione all’operato degli uffici giudiziari che si sono occupati del caso.