“Ci sono state violazioni israeliane della tregua, principalmente con il ritorno visibile e udibile dei droni dell’Idf nei cieli di Beirut”. Secondo fonti dei media israeliani, l’inviato speciale degli Stati Uniti Amos Hochstein avrebbe inviato un messaggio esortando Israele a rispettare l’accordo. Le stesse fonti affermano che affinchè il cessate il fuoco duri “occorre moderazione da tutte le parti”.
L’ufficio del primo ministro ha rifiutato di rilasciare dichiarazioni. La notizia arriva un giorno dopo che, secondo fonti diplomatiche francesi, Parigi ha accusato Israele di 52 violazioni del cessate il fuoco. Benyamin Netanyahu ha dichiarato domenica che Israele sta “applicando con grande risolutezza l’accordo di cessate il fuoco e ogni violazione viene immediatamente accolta con un’intensa reazione da parte delle Idf”. Il ministro degli esteri francese, Jean-Noël Barrot, ha inoltre sottolineato che ”l’accordo sul cessate il fuoco con il Libano deve aprire la via ad un cessate il fuoco immediato a Gaza, alla liberazione di tutti gli ostaggi nonchè l’ingresso massiccio di aiuti umanitari”.
Colloqui al Cairo per negoziati nella Striscia
La conferenza internazionale si è svolta a porte chiuse con un programma che prevede dichiarazioni del ministro degli esteri egiziano Badr Abdelatty, della vice-segretaria generale dell’ Onu, Amina Mohamed e del premier nonchè ministro degli esteri palestinese Mohamed Mustafa. Tra le “osservazioni dei co-organizzatori” il programma riporta quelle della coordinatrice Onu per Gaza, Sigrid Kaag; e dall’alto commissario di Unrwa, Philippe Lazzarini. Presente anche una delegazione di Hamas.
I colloqui hanno riguardato la cessazione delle ostilità, l’apertura del valico di Rafah per gli aiuti umanitari e uno scambio tra gli ostaggi israeliani e detenuti palestinesi. Hamas ha dichiarato di aspettarsi una pressione internazionale su Israele per fermare la guerra a Gaza e ha evidenziato gli sforzi di Egitto, Qatar e Turchia per mediare un accordo. “Il nostro popolo palestinese sta aspettando la pressione americana e internazionale su Netanyahu per fermare la guerra e raggiungere un accordo, come è successo in Libano”, ha sottolineato un secondo funzionario di Hamas, anch’egli presente al Cairo.
Tajani: “Pace in Medioriente è una nostra priorità strategica”
Nel suo intervento alla plenaria del conferenza ministeriale del Cairo per rafforzare la risposta umanitaria a Gaza, il ministro degli esteri Antonio Tajani ha sottolineato l’impegno dell’Italia, per cui “la pace in Medioriente è una priorità strategica assoluta della nostra presidenza del G7″, dove, ha ricordato il ministro, si è lavorato con il “quintetto arabo” per il “cessate il fuoco” a Gaza e in Libano. Sul fronte degli aiuti, Tajani ha illustrato l’iniziativa “Food for gaza”, grazie alla quale l’Italia ha già inviato “oltre 50 tonnellate di aiuti alimentari e sanitari”. L’ Italia, ha concluso Tajani, è pronta a sostenere l’autorità palestinese, a cui ha destinato “un contributo da 5 milioni di euro” per riforme mirate nella sicurezza e nella salute, e ha inoltre confermato la disponibilità dell’ Italia a partecipare a “una eventuale missione di peacekeeping delle Nazioni Unite, sotto guida araba”.
Milizie iraniane entrano in Siria dall’Iraq per combattere contro i ribelli
Decine di combattenti iracheni delle milizie Hashd al Shaabi allineati all’Iran sono entrati in Siria durante la notte dall’Iraq attraverso una rotta militare vicino al valico di Al Bukamal e si stanno dirigendo verso la Siria settentrionale per rafforzare le forze dell’esercito siriano assediato che combattono gli insorti.
Il presidente siriano Bashar al-Assad, accogliendo i rinforzi degli alleati, ha dichiarato che l’offensiva dei ribelli jihadisti è un tentativo di “ridisegnare la mappa della regione” mentre continuano i combattimenti tra l’esercito regolare, appoggiato da Russia e Iran, e i combattenti, che hanno conquistato Aleppo e puntano a sud.
“Questi sono nuovi rinforzi inviati per aiutare i nostri compagni in prima linea a nord”, ha detto un ufficiale siriano, aggiungendo che le milizie includevano i gruppi iracheni Katiab Hezbollah e Fatemiyoun. Negli anni passati, l’Iran aveva già inviato migliaia di combattenti sciiti in Siria durante la guerra siriana e, insieme alla Russia con la sua potenza aerea, ha permesso al presidente siriano Bashar al-Assad di schiacciare l’insurrezione e riconquistare gran parte del suo territorio. Le milizie alleate dell’Iran, guidate dal gruppo Hezbollah, hanno una forte presenza nell’area di Aleppo. Hezbollah è stato seriamente indebolito nella sua guerra con Israele in Libano nell’ultimo anno.
Presto nuovo incontro sulla Siria tra Iran Russia e Turchia
Il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, incontrandoad Ankara il suo omologo turco, Hakan Fidan, ha annunciatoche si terrà un nuovo incontro con Turchia e Russia riguardo alla crisi siriana. Esmail Baghaei, portavoce del ministero degli Esteri iraniano, ha aggiunto che : “Siamo tutti giunti alla conclusione che qualsiasi instabilità in Siria non sarà limitata alla Siria”. Per questo “la nostra intenzione è di consultarci con i Paesi coinvolti nel processo di Astana e altri Stati musulmani”.Parlando ai giornalisti dopo l’incontro a Damasco con il presidente siriano Bashar al-Assad, Abbas Araghchi ha inoltre commentato che “le condizioni sono difficili, ma il coraggio e lo spirito del presidente siriano sono ammirevoli”.
Da parte sua il presidente russo Vladimir Putin ha discusso telefonicamente della situazione con il presidente iraniano Masoud Pezeshkian, esprimendogli “sostegno incondizionato alle azioni delle legittime autorità della Siria volte a ripristinare l’ordine costituzionale e la stabilità politica, economica e sociale dello Stato siriano”, si legge in una nota del Cremlino.
Usa e Europa: “Serve de-escalation in Siria”
Anche il Segretario di Stato statunitense Antony Blinken ha avuto un colloquio con il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan in cui hanno discusso della “necessità di una de-escalation e della protezione delle vite civili e delle infrastrutture ad Aleppo e altrove” e degli “sforzi umanitari in corso a Gaza e della necessità di porre fine alla guerra e garantire il rilascio di tutti gli ostaggi”.
In questo quadro, Stati Uniti, Francia, Germania e Regno Unito hanno chiesto congiuntamente una de-escalation in Siria e hanno lanciato un appello per la protezione dei civili e delle infrastrutture.
“L’attuale escalation non fa che sottolineare l’urgente necessità di una soluzione politica del conflitto a guida siriana, in linea con la risoluzione 2254 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”, si legge nella dichiarazione congiunta rilasciata dal dipartimento di Stato statunitense.