Alla COP29 di Baku, in Azerbaijan, si è raggiunto un accordo storico sugli investimenti destinati alla ricerca e alla lotta contro la crisi climatica. Secondo quanto stabilito nel documento denominato Baku Finance Goal, i Paesi sviluppati si sono impegnati in ingenti finanziamenti per i Paesi in via di sviluppo, con l’obiettivo di affrontare le sfide globali legate ai cambiamenti climatici.
L’impegno finanziario
Entrando nello specifico, l’accordo prevede che gli Stati avanzati destinino una somma annua di 300 miliardi di dollari, da mobilitare entro il 2035. I fondi saranno garantiti attraverso un mix di risorse pubbliche e private, segnando un aumento di 50 miliardi rispetto alla precedente bozza di testo. Questo risultato è stato possibile grazie a 48 ore di intense negoziazioni, guidate dalla presidenza della COP29. Il numero uno della COP29, Mukhtar Babayev, ha descritto l’intesa come un passo cruciale: “Con questa svolta il Baku Finance Goal trasformerà miliardi in trilioni nel prossimo decennio”. Secondo Babayev, l’accordo rappresenta il miglior risultato possibile, capace di garantire progressi in tutti i pilastri climatici e di affrontare le sfide finanziarie per i paesi più vulnerabili.
L’accordo segna anche la conclusione di oltre un decennio di negoziati sull’articolo 6 dell’accordo di Parigi, che disciplina i mercati del carbonio ad alta integrità sotto l’egida delle Nazioni Unite. Inoltre, include lo sviluppo di una roadmap di attività denominata ‘Da Baku a Belem’, in vista della prossima COP, con una valutazione intermedia prevista nel 2030.
L’ok di Biden
Chi ha accolto con favore l’accordo raggiunto è stato il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, definendolo “un passo importante” nella lotta contro il cambiamento climatico. Con il suo intervento, il numero uno a stelle e striscie ha riaffermato l’impegno Usa nel promuovere una transizione verso l’energia pulita, sottolineando che questo processo, ormai avviato, è irreversibile. Biden ha ribadito che l’America continuerà a guidare gli sforzi per accelerare la transizione energetica, sia a livello interno che internazionale: “Se alcuni cercano di negare o ritardare la rivoluzione dell’energia pulita che è in corso in America e in tutto il mondo, nessuno potrà invertirla, nessuno”.
Le critiche
Nonostante l’entusiasmo della presidenza, il BFG non ha soddisfatto tutti i partecipanti. I Paesi in via di sviluppo, destinatari dei finanziamenti, hanno espresso insoddisfazione per l’entità delle risorse promesse, definendole “tristemente inadeguate” per affrontare i danni già causati dalle intemperie e dall’inquinamento umano. Il Gruppo Africa/G77 aveva richiesto che i finanziamenti iniziassero già dal 2025 e fossero concessi sotto forma di contributi pubblici a fondo perduto, avanzando una richiesta di almeno 500 miliardi di dollari annui. La risposta del Nord del mondo è stata una promessa di triplicare i proventi entro il 2030, ma senza prevedere sovvenzioni dirette.
Insomma, le reazioni negative non si sono fatte attendere. La negoziatrice dell’India ha manifestato un atteggiamento particolarmente critico, mentre il rappresentante della Bolivia ha dichiarato che l’accordo “sancisce l’ingiustizia climatica”. Secondo il Gruppo di esperti indipendenti per il finanziamento climatico, sarebbero necessari almeno 390 miliardi di dollari all’anno entro il 2035 per raggiungere gli obiettivi fissati dall’accordo di Parigi.