domenica, 22 Dicembre, 2024
Cultura

Del Noce e la Tradizione

Il ricordo, a 35 anni dalla morte del filosofo italiano, in un libro di Luciano Lanna

L’occasione del ricordo di Augusto Del Noce quest’anno per i 35 anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 30 dicembre 1989, ce la offre un saggio, che vede la luce per i tipi di Cantagalli, di Luciano Lanna “Attraversare la modernità. Il pensiero inattuale di Augusto Del Noce”, che è in libreria da qualche giorno con un inedito del pensatore cattolico ed una prefazione di Giacomo Marramao.

Nello stesso sottotitolo è messa in evidenza non solo il nocciolo di tutta la sua opera (il suo pensiero inattuale) ma anche l’aspetto principale del suo carattere: l'”Andare controcorrente”.

Tanti dopo la sua morte hanno messo in evidenza questo aspetto del suo carattere.

In effetti quel suo andare controcorrente risaliva a molto lontano, fin da quegli anni Venti che lo videro studente nella Torino laicista del liceo Gioberti, nel quale si erano formati Gobetti e, successivamente, la generazione di Bobbio e dello stesso Del Noce, che aveva avuto – come ricordò Francesco Perfetti – “come insegnanti dapprima, e come amici poi, alcuni degli stessi maestri di Gramsci, da Umberto Cosmo ad Annibale Pastore, a Zino Zini”.

Come lo era stato, seppur giovanissimo, anche di fronte all’altra generazione del decennio precedente che aveva creato la cosiddetta scuola torinese degli Augusto Monti, dei Silvio Trentin, dei Manlio Brosio, dei Giacomo De benedetti, dei Mario Soldati e dei Carlo Levi.

L’attività di Del Noce è costituita, perciò, da un continuo confronto‑scontro con i tre fondamentali filoni del laicismo razionalistico contemporaneo che si incarnavano, proprio a Torino, rispettivamente in Bobbio, Geymonat e Balbo. (cfr. il Cap. 20 del mio libro: “I proscritti. Pensatori alla sfida della modernità”, edizioni Pantheon, 2005.)

In tutti, coglieva il rifiuto del cristianesimo e della dimensione religiosa della vita, per questo si pose come suo obiettivo principale “la difesa della tradizione”. E’ la sua una vera e propria sfida al pensiero moderno ed alla modernità in genere, per affrontare la quale propose, in particolare, lo studio del pensiero cattolico dell’Ottocento, in particolare quello controrivoluzionario e tradizionalista, che non perse occasione di declinare nel corso della sua lunga e feconda attività.

Come ad esempio quando nel 1963 il filosofo partecipa a San Pellegrino al III Convegno di studi della Democrazia Cristiana con una relazione su “La potenza ideologica del marxismo e la possibilità di successo del comunismo in Italia per via democratica”, nella quale tra l’altro per la prima volta – e si consideri in quale ambito ciò avveniva – affronta un tema di estrema attualità e quasi profetico su “Le origini della recente mentalità di destra”, chiedendo ai democristiani che lo ascoltano: “Ma è veramente conveniente alla DC favorire la loro (delle destre, n.d.a.) dissoluzione attraverso una polemica senza quartiere, così teorica come pratica? Consideriamo la funzione storica che hanno esercitato, di contenere voti che altrimenti sarebbero andati al Partito comunista”.

E poi, sorprendendo tutti gli ascoltatori, assume ancora una volta una posizione controcorrente affermando: “Non bisogna assolutamente sottovalutare l’importanza e il valore di questa direzione controrivoluzionaria: perché essa muove dalla intuizione che nella filosofia moderna si abbia un processo verso il nichilismo, verso una situazione in cui la stessa realtà dell’uomo è minacciata: e nessuno può negare il valore di attualità di questa intuizione. Ho pensato spesso all’opportunità di una collezione di classici del pensiero controrivoluzionario, al fine di controbilanciare il meliorismo illuministico e progressista oggi corrente”.

Infine, scandalizzando molti presenti dirà: “Con l’occuparsi della destra tradizionalistica in quanto corrente di opinione, torniamo al punto di vista etico-politico. E’ incontestabile che questa destra attragga le simpatie di molti giovani. Perché sono nostalgici? Ma di cosa, forse di un passato che non hanno conosciuto? Perché sono figli di capitalisti? Questa è una vera menzogna, perché i figli dei capitalisti coltivano oggi la letteratura dell’alienazione, in pratica giustificatrice del loro rilassamento morale, o – i più seri – la letteratura sociologica, come fondamento del neocapitalismo”.

“In realtà, questi giovani sono spinti verso la destra tradizionalista da una contestazione innegabile: il declino, negli ultimi decenni, del sentimento religioso e del sentimento nazionale; e dall’aspirazione a una forza insieme ideale e politica che sappia creare un clima normale favorevole al loro risorgere. Quali sono i loro autori? Forse all’inizio Evola e Maurras. Ma essi sono risaliti presto a Cortés, il maggiore dei reazionari cattolici dell’800, uno dei pensatori che ha visto più chiaramente la soggiacenza del problema dell’ateismo al problema politico come già si delineava nell’800, anche se ha commesso l’errore di pensare la posizione cattolica come reazione semplice di liberalismo e socialismo. E, del resto nella destra tradizionalista non milita uno dei maggiori filosofi cattolici del nostro tempo. Gabriel Marcel, e uno dei più grandi storici dell’arte, che è insieme un sociologo e un filosofo, il Sedlmayr?”.

Il pensatore cattolico dunque ritiene che il compito nuovo dei cattolici, dovrebbe essere quello della difesa e della promozione della “dimensione religiosa nella vita e nella società.

Solo questa restaurazione del senso religioso “permetterà alla democrazia di non rovesciarsi in un potere oppressivo larvato o aperto”; infatti va respinta decisamente l’opinione di tutti quei cattolici che vorrebbero far assurgere alla dignità di valore proprio quella democrazia che è e resta, invece, solamente, un metodo ed uno strumento.

Iniziano cosi a circolare le opere di Marcel De Corte, di Manuel Garcia Pelayo, di Jean Servier, di Hans Sedlmayr, di Frithiof Schuon, di Titus Burckhardt, di Abrham Joshua Heschel, di Simone Weil e del tibetano Chogyan Trungpa; ma, sopratutto, nasce un cenacolo di giovani (dai quali verranno in seguito importanti iniziative in campo culturale e religioso), che periodicamente si riuniscono a casa di “quel cerimonioso professore che a cinquant’anni aveva ottenuto soltanto un incarico nella lontana Trieste – come ricordava Cattabiani – ma imperturbabile continuava a scrivere i saggi che qualche anno dopo sarebbero stati pubblicati dal Mulino col titolo “Il problema dell’ateismo”.

“Per quei giovani fu il vero maestro: non soltanto offrì loro gli strumenti filosofici per interpretare gli esiti della filosofia immanentistica moderna, fra cui il marxismo, ma suggerì a ognuno una tesi che fosse utile per l’elaborazione di una risposta filosofica adeguata”.

Diventato il principale esponente del filone cattolico non fascista di tipo tradizionalista della nuova cultura di destra, partecipa assiduamente alle attività della Fondazione Volpe, presiedendo molti degli “Incontri Romani promossi dall’indimenticabile Ingegnere Giovanni Volpe, tenendovi relazioni che sono rimaste memorabili come quella su “La tradizione nello sviluppo culturale” o quella introduttiva del convegno su “L’avvenire della scuola”, al quale partecipò anche chi scrive.

Per tutto questo non si può far passare sotto silenzio lo scandalo, sì, perché si tratta di un vero e proprio scandalo, a cui si assistette dopo la sua scomparsa: quello di veder tanti intellettuali “à la page”, tanti maitres à penser”, tanti soccorritori che corrono in aiuto dei vincitori” osannare, riscoprire e concordare con tutte le analisi di Del Noce, tentando persino di utilizzarlo come sostenitore del nuovo corso liberalcapitalistico, smussando addirittura gli attriti, che furono forti, con i cattolici democratici e con i cattocomunisti.

Così ci toccò sentire l’altro cattolico-democratico, Piero Pratesi, che si rammaricava su “Avvenimenti”… “se avessimo ascoltato Del Noce” o un Tito Perlini che pontificò contro il luogo comune di un “Del Noce tradizionalista, pensatore, reazionario, De Maistre italiano”.

Parlano di lui – mi riferì dopo morto la moglie del grande pensatore – anche i suoi nemici.

Alcuni per fargli dire cose che non si era mai sognato di dire o di scrivere, altri per ridimensionarlo o datarlo, facendo finta di esaltarlo, legandolo esclusivamente alla sua riflessione sul marxismo, che, con il crollo del comunismo, non rappresentava più un pericolo per l’umanità e dimenticando del tutto che era stato invece un importante difensore della Tradizione e di quella cattolica in particolare.

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