martedì, 5 Novembre, 2024
Lavoro

Contratto medici 2019-2021, solo il 59% delle aziende ha avviato le trattative integrative

La questione dei rinnovi contrattuali per i medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale continua a essere motivo di forte tensione e insoddisfazione. Il percorso, già di per sé complesso, risulta ulteriormente complicato da mancanza di fondi e da resistenze all’interno delle aziende sanitarie, sollevando non poche preoccupazioni tra i professionisti del settore. Secondo quanto emerge dall’indagine condotta dalla Federazione dei medici Cimo-Fesmed, le difficoltà riscontrate riguardano non solo la fase di rinnovo, ma anche la corretta applicazione dei contratti già in vigore, con ripercussioni negative per i lavoratori. La bozza della Legge di Bilancio per il 2025 ha sorpreso in negativo gli operatori sanitari, non prevedendo risorse accantonate per i rinnovi contrattuali del triennio 2025-2027. Il settore sanitario rischia così di rimanere privo di fondi contrattuali fino al 2028, una prospettiva che allontana ulteriormente il riconoscimento economico per migliaia di medici, già provati dall’emergenza sanitaria e dai turni massacranti. A peggiorare il quadro, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome non ha ancora emanato l’atto di indirizzo necessario per avviare le trattative del contratto 2022-2024, che scadrà ufficialmente a breve. Questo ritardo nella gestione e nella pianificazione dei rinnovi pesa sulle condizioni di lavoro del personale medico e lascia un senso di incertezza che ostacola l’efficienza del sistema.

Resistenze sull’applicazione del Ccnl 2019-2021

Un’indagine della Federazione Cimo-Fesmed, condotta su 155 aziende sanitarie e ospedaliere in Italia, ha evidenziato gravi criticità anche nell’applicazione del Contratto collettivo nazionale di lavoro 2019-2021, firmato solo a gennaio di quest’anno. Benché il contratto stabilisca tempistiche precise, le trattative aziendali sono state avviate solo nel 59% dei casi. La stessa ricerca ha rivelato che pochi regolamenti aziendali sono stati aggiornati per adeguarsi ai nuovi standard. Ad esempio, solo il 37% delle aziende ha aggiornato il regolamento sul conferimento degli incarichi, e ancor meno hanno aggiornato quello per le prestazioni aggiuntive (33%) o il piano per le emergenze (14%). Solo il 23% delle aziende ha modificato il regolamento obbligatorio sull’orario di lavoro, che dovrebbe essere strettamente correlato agli obiettivi di budget e commisurato al personale effettivamente presente. Di fatto, solo 39 aziende hanno concluso il processo di budgeting, di cui appena 8 hanno tenuto conto delle nuove modalità di attuazione. Guido Quici, Presidente della Federazione Cimo-Fesmed, ha espresso il proprio disappunto: “Un ritardo incomprensibile che potrebbe esporre le direzioni generali a numerosi contenziosi, dal momento che non potranno più richiedere ore di lavoro gratuite ai dirigenti né cancellare, come fatto in passato, le ore lavorate in eccesso rispetto ai compiti istituzionali”. Quici ha inoltre aggiunto che molti referenti aziendali del sindacato hanno segnalato notevoli difficoltà nella corretta applicazione delle norme contrattuali, sia per quanto riguarda l’orario di lavoro sia per la gestione dei fondi contrattuali e l’affidamento degli incarichi. Questa generale lentezza e difficoltà di attuazione non fa che aumentare il malcontento tra i professionisti della sanità, già duramente colpiti da carichi di lavoro eccezionali.

Uno sciopero all’orizzonte

Le criticità emerse non solo esasperano il clima lavorativo, ma stanno spingendo la categoria verso un’azione più decisa. Come ha annunciato Quici, la Federazione ha deciso di proclamare uno sciopero per manifestare la propria insoddisfazione: “Sono motivazioni che ci hanno spinti a proclamare lo sciopero. Motivazioni che si aggiungono all’elemosina che ci è stata riconosciuta al posto della defiscalizzazione dell’indennità di specificità medica e all’assenza di un piano straordinario di assunzioni, della depenalizzazione dell’atto medico e di risorse sufficienti per migliorare l’offerta sanitaria”.

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