Negli ultimi dieci anni l’Italia ha assistito a una trasformazione silenziosa ma evidente: la crescita delle attività imprenditoriali è guidata soprattutto dagli stranieri. Secondo i dati diffusi dall’Ufficio studi della Cgia, le imprese a conduzione straniera sono aumentate del 29,5%, pari a +133.734 unità, mentre quelle italiane sono calate del 4,7% (-222.241 unità). A oggi, delle oltre 5 milioni di aziende attive in Italia, ben 586.584 (11,5% del totale) sono gestite da stranieri. Il fenomeno, complesso e articolato, racconta di un’Italia che cambia volto e identità economica. Il calo delle imprese italiane riflette in parte il trend demografico: un Paese sempre più anziano, con pochi giovani e un calo dell’interesse per l’autoimprenditorialità, scoraggiato da un quadro economico incerto. I costi elevati delle utenze, la burocrazia e gli affitti scoraggiano molti italiani, già provati da una sensazione perenne di precarietà. Per molti stranieri, invece, l’impresa rappresenta una via verso una maggiore stabilità economica e un modo per ottenere l’indipendenza economica e sociale, grazie anche a un diverso rapporto con il rischio e la necessità di integrazione.
Nelle città italiane è ormai comune vedere bazar, negozi di generi alimentari, botteghe di frutta e verdura, e persino ristoranti a conduzione straniera. Nel settore dell’edilizia e in alcune aree manifatturiere, i titolari di impresa stranieri rappresentano una forza crescente non solo come dipendenti, ma anche come imprenditori.
Geografia dell’imprenditoria
L’analisi della Cgia rileva che su 105 province italiane monitorate, solo in 7 si è registrato un aumento di imprenditori italiani rispetto a quelli stranieri, tutte concentrate nel Sud Italia: Catania, Messina, Cosenza, Siracusa, Nuoro, Vibo Valentia e Palermo. Al contrario, in molte province del Nord e del Centro, il saldo è negativo per gli italiani, segno di un divario crescente tra le regioni in termini di dinamismo imprenditoriale straniero.L’ascesa dell’imprenditoria straniera porta con sé aspetti positivi e negativi. Da un lato, chi apre un’attività intraprende un percorso di inclusione e integrazione nel tessuto economico: le interazioni con istituzioni, banche, commercialisti e fornitori rendono gli imprenditori stranieri parte attiva del sistema economico. Dall’altro lato, ci sono casi di attività aperte per coprire traffici illeciti o la vendita di merce contraffatta, fenomeni che rappresentano una sfida per le forze dell’ordine e una forma di concorrenza sleale per le imprese italiane.
Commercio ed edilizia sono i settori con la maggiore presenza di imprenditori stranieri. Nel commercio, si contano circa 195.000 imprese straniere, il 15,2% del totale del settore, mentre nell’edilizia sono 156.000, pari al 20,6%. Complessivamente, questi due settori costituiscono il 60% delle attività a guida straniera in Italia. Il terzo settore più rilevante è quello della ristorazione, con oltre 50.000 attività straniere, che rappresentano il 12,7% del totale nazionale.
Le nazionalità più presenti
Per quanto riguarda la nazionalità, gli imprenditori romeni sono i più numerosi con 78.258 persone, seguiti dai cinesi (78.114), marocchini (66.386) e albanesi (61.586). Le nazionalità con la crescita maggiore rispetto a dieci anni fa sono i moldavi (+127%), seguiti dai pakistani (+107%) e dagli ucraini (+91%). Questi dati mostrano la varietà e la dinamicità delle comunità straniere che, anche attraverso l’imprenditoria, costruiscono un loro percorso in Italia. Tra il 2013 e il 2023, Napoli ha registrato la crescita percentuale più elevata di imprenditori stranieri, con un aumento del 109,3%. Segue Brindisi (+63,2%), Taranto (+61,8%) e Trapani (+54,9%). In termini assoluti, Milano è la città con il maggior numero di imprese straniere (92.168), seguita da Roma (69.343) e Torino (37.777).