giovedì, 21 Novembre, 2024
Esteri

I ricercatori dell’Alzheimer affermano che un dispositivo di stimolazione cerebrale può rallentare i sintomi

Gli scienziati stanno esplorando terapie non farmacologiche per rallentare la progressione della malattia. I trattamenti attualmente approvati per l’Alzheimer includono farmaci con efficacia limitata e potenziali effetti collaterali gravi. Una terapia sperimentale basata sulla stimolazione magnetica transcranica (TMS) potrebbe ridurre i sintomi, secondo uno studio iniziale. La TMS, già utilizzata per la depressione, ha preso di mira una rete cerebrale cruciale per la memoria, mostrando una riduzione della perdita di memoria rispetto al placebo. Gli accumuli di beta-amiloide e tau compromettono i neuroni, e la terapia mira a ripristinare le connessioni neuronali aumentando l’attività cerebrale. Negli Stati Uniti, 6,9 milioni di persone convivono con l’Alzheimer, un numero che potrebbe salire a 13,8 milioni entro il 2060. Lo studio di fase 2 ha coinvolto 32 volontari monitorati per un anno. La TMS ha migliorato la connessione neuronale con effetti collaterali minimi. I pazienti sottoposti a TMS hanno mostrato un rallentamento del 44% dei sintomi, rispetto ai nuovi farmaci che offrono un rallentamento del 22-27%, ma con costi elevati e rischio di gonfiore cerebrale. Durante la sperimentazione, i partecipanti hanno mostrato un leggero declino nelle attività quotidiane. Il dott. Giacomo Koch, professore di fisiologia umana presso l’Università di Ferrara e uno dei co-fondatori di Sinaptica, l’azienda con sede a Cambridge, Massachusetts, che attualmente sta sviluppando la terapia, e il suo team stanno pianificando una sperimentazione di fase 3. La ricerca presenta limitazioni, come la dimensione ridotta del campione e il coinvolgimento di un solo centro. La terapia settimanale di TMS proposta da Sinaptica mira a rafforzare le connessioni cerebrali, con il prossimo passo verso una sperimentazione multicentrica. I risultati preliminari mostrano miglioramenti rispetto al placebo, ma sono necessari studi più ampi e analisi di biomarcatori per confermare l’efficacia.

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