È stata una giornata complessa quella di ieri per il Premier Giorgia Meloni, diviso tra importanti incontri internazionali e una significativa battuta d’arresto sul fronte migranti. Da un lato, la visita in Giordania e Libano ha segnato un passo diplomatico rilevante per rafforzare le relazioni bilaterali e affrontare le sfide geopolitiche della regione mediorientale. Dall’altro, la notizia della mancata convalida da parte del Tribunale di Roma dei trattenimenti in Albania di migranti provenienti da Bangladesh ed Egitto ha sollevato critiche e acceso il dibattito politico.
La missione del Primo Ministro in Giordania e Libano ha avuto come obiettivo il rafforzamento dei rapporti bilaterali con due Paesi chiave per la stabilità del Medio Oriente. In particolare, la Giordania è considerata un partner cruciale per la gestione delle crisi nella regione, e la cooperazione in ambito economico e di sicurezza è stata al centro dei colloqui. A Beirut, Meloni ha ribadito il sostegno italiano agli sforzi per la stabilizzazione del Paese, anche attraverso il mantenimento della missione militare italiana nel contesto delle operazioni di peacekeeping dell’Onu.
Il tour mediorientale è stato presentato come un segnale dell’impegno italiano nel favorire il dialogo e la cooperazione nella regione, ma l’attenzione mediatica si è inevitabilmente spostata sulle notizie interne che hanno scosso l’agenda politica.
Il diniego del Tribunale civile
Ma cosa è successo nello specifico ieri? Il Tribunale civile di Roma ha deciso di non convalidare i trattenimenti di migranti (12) nelle strutture albanesi destinate a operare come aree di transito o frontiera per conto dell’Italia. Il diniego è stato motivato dall’impossibilità di riconoscere come “Paesi sicuri” gli Stati di provenienza delle persone trattenute, in particolare Bangladesh ed Egitto. Questo implica l’inapplicabilità della procedura di frontiera, sancendo il diritto per i migranti di essere trasferiti in Italia anziché trattenuti in Albania (oggi è previsto il loro rientro proprio nel BelPaese). Secondo la nota del Tribunale di Roma, la decisione si basa su principi stabiliti dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, che il 4 ottobre 2024 ha emesso una pronuncia vincolante per tutti i giudici nazionali. Questa sentenza, derivante da un rinvio pregiudiziale proposto dal giudice della Repubblica Ceca, ha avuto un impatto diretto sulla gestione dei migranti trattenuti in Paesi terzi. In particolare, è stato sottolineato come la sicurezza dei paesi di provenienza dei migranti sia un elemento cruciale per applicare correttamente le procedure di frontiera e di trasferimento.
Importanti conseguenze
La mancata convalida dei trattenimenti ha importanti conseguenze per il governo italiano, che aveva siglato accordi con l’Albania per gestire i flussi migratori fuori dal proprio territorio. Il Protocollo, che prevedeva l’utilizzo di strutture albanesi per il trattenimento dei migranti provenienti da paesi non sicuri, non può essere applicato in assenza di riconoscimenti internazionali che confermino la sicurezza dei paesi d’origine dei migranti. I migranti trattenuti in Albania, dunque, hanno il diritto di essere condotti in Italia, e l’accordo bilaterale rischia di perdere efficacia in mancanza di un quadro giuridico che supporti tali trattenimenti.
Opposizioni all’attacco
La decisione del Tribunale ha immediatamente acceso il dibattito politico. Da un lato, le forze di opposizione hanno accolto la sentenza come una conferma delle loro critiche alla gestione del fenomeno migratorio da parte del governo Meloni. Le opposizioni hanno parlato di una “figuraccia” per l’esecutivo, che aveva fatto della gestione dei flussi migratori una priorità, ora messa in discussione dalle istituzioni giudiziarie nazionali e europee. La leader del Partito Democratico, Elly Schlein, ha colto l’occasione per attaccare duramente il governo, chiedendo che venga riconosciuto il danno erariale e invitando la maggioranza a smontare il piano migratorio fallito: “Sono stati sprecati 800 milioni”.
“Ingerenza nelle prerogative del governo”
La reazione di Fratelli d’Italia e Lega non si è fatta attendere. I due partiti della maggioranza hanno accusato i giudici di essere “politicizzati”. Gli esponenti di FdI hanno criticato la magistratura per quella che considerano un’ingerenza nelle prerogative del governo, sostenendo che le decisioni sui flussi migratori spettino all’esecutivo e non ai tribunali. La Lega ha definito la sentenza “gravissima”, con il rischio di aprire un nuovo fronte di scontro tra potere politico e potere giudiziario.
Fino alla Cassazione
In un punto stampa a Beirut, il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha criticato duramente la decisione della sezione Immigrazione del Tribunale di Roma. La sentenza, secondo il Premier, sarebbe frutto di un pregiudizio politico, più che di una valutazione obiettiva dei fatti, evidenziando come alcuni magistrati si fossero già espressi negativamente sull’accordo con l’Albania prima ancora di entrare nel merito della questione. Il Primo Ministro ha poi sottolineato che la tempistica di questa sentenza coincide con dichiarazioni critiche provenienti dal Partito democratico. La questione centrale, secondo Meloni, non riguarda tanto l’accordo con l’Albania, quanto una visione più ampia e preoccupante delle politiche migratorie italiane: “Quello che colpisce è che i giudici sostengono che non esistono Paesi sicuri, aprendo la strada a una situazione in cui il rimpatrio dei migranti potrebbe diventare impossibile”. “Spero che qualcuno mi spieghi poi come risolvere questa situazione e come gestire l’ordine pubblico”, ha aggiunto Meloni, annunciando che il Consiglio dei Ministri di lunedì sarà convocato per affrontare il problema. Il Premier ha ha anche manifestato il suo disappunto per quello che considera un ostacolo interno al lavoro del governo: “Mi dispiace che, proprio in un momento in cui l’Europa guarda con interesse all’iniziativa italiana, noi stessi tentiamo di metterci i bastoni tra le ruote. Ma questo è un problema che si risolverà presto”.
Il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha commentato la decisione del Tribunale di Roma sottolineando il rispetto per il lavoro dei giudici, ma annunciando che il governo intende procedere con un ricorso. “Ricorreremo fino alla Cassazione”, ha spiegato, ribadendo che la battaglia legale si svolgerà nel pieno rispetto delle prerogative del sistema giudiziario italiano. “Sono rimasto molto stupito, ma non voglio commentarlo perché lo stupore supera ogni commento” la reazione del Presidente del Senato Ignazio La Russa. Secondo il Vicepremier Antonio Tajani i magistrati devono rispettare il potere esecutivo.