Israele ha attaccato nuovamente le basi italiane Unifil in Libano. L’attacco è avvenuto alla base 1-31 – già colpita nei giorni scorsi – e ha comportato l’abbattimento di due muri di demarcazione della stessa. Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha definito l’attacco “inammissibile”, parlando addirittura di “crimine di guerra” e ribadendo che né l’Italia né l’ONU sono tenuti a prendere ordini da Israele. Anche il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è esposta dopo essersi consultata per telefono con il Comandante del Settore Ovest della missione ONU, generale Messina, esprimendo forte vicinanza.
Missione Unifil: le basi italiane in Libano
La missione Unifil (United Nations Interim Force in Lebanon), in italiano Forza di Interposizione provvisoria in Libano delle Nazioni Unite, dura dal 1978. Fu creata da una risoluzione Onu per installare quella che nel 2000 diventerà una zona cuscinetto – la cosiddetta ‘Blue Line’ – ai confini fra Libano del sud, Israele e un pezzetto di Siria. Vi partecipano circa 10.000 soldati provenienti da una cinquantina di Paesi, fra cui l’Italia. In ambito nazionale l’operazione è denominata “Leonte”, come si legge sul sito dell’esercito. La missione era partita nel 2006 e attualmente sono due le basi italiane Unifil in Libano. Una è il Comando italiano del Settore Ovest di UNIFIL, che si trova a Shama, a circa 11 chilometri più a nord di Naqura, e non è italiana. Si tratta infatti del quartier generale dei caschi blu Onu, che conta di un supporto di militari italiani. L’altra base è quella di Al Mansouri, al comando del Colonnello Alessio Argese, che contribuisce, si legge, “con i Battle Groups delle altre nazioni al controllo della ‘Blue Line’ e del territorio del Sud del Libano in assistenza alle forze armate libanesi”.
L’attacco dell’IDF: cos’è successo
Secondo la ricostruzione del portavoce dell’Unifil, Andrea Tenenti, ieri mattina un carro armato Merkava dell’IDF “ha sparato verso una torre di osservazione presso il quartier generale di Naqura”, colpendola e facendo cadere i due caschi blu che sono rimasti feriti. L’esercito israeliano ha quindi colpito la posizione Unp 1-31, dopo aver sorvolato ripetutamente la base con un drone, abbattendo l’ingresso del bunker dove si erano rifugiati i caschi blu italiani. Infine l’IDF ha sparato anche sull’altra postazione, “la Unp 1-32A, dove si tenevano regolari riunioni tripartite (tra libanesi, israeliani e i vertici Unifil) prima dell’inizio del conflitto”. Secondo ricostruzioni ufficiali, l’attacco israeliano all’Unifil avrebbe avuto l’obiettivo di “costringerla a ritirarsi” per non avere “testimoni scomodi” in vista di “pianificazioni future” dell’esercito in Libano. Perfino dopo l’attacco, infatti, l’ambasciatore israeliano all’Onu Danny Danon ha “raccomandato” ai peacekeeper di “spostarsi di 5 km a nord per evitare pericoli mentre i combattimenti si intensificano e mentre la situazione lungo la Linea Blu rimane instabile a causa dell’aggressione di Hezbollah”.
La risposta dell’Italia
Il tragico evento non ha affatto lasciato impassibile il nostro governo, il quale si è espresso negativamente sull’iniziativa belligerante dell’IDF. Il ministro della Difesa Crosetto ne ha parlato durante una conferenza stampa a Palazzo Chigi, affermando che “gli atti ostili compiuti e reiterati dalle forze israeliane”, come l’attacco di oggi alle basi Unifil in Libano, “potrebbero costituire un crimine di guerra e una violazione del diritto internazionale non giustificata”. Poi conclude: “L’ambasciatore non era in grado di fornirci spiegazioni. Non si tratta di un errore e non si tratta di un incidente e abbiamo bisogno di avere spiegazioni formali e reali nel più breve tempo possibile”.