lunedì, 31 Marzo, 2025
Economia

Risparmio e buoni del tesoro di scopo: la diligenza del buon padre e madre di famiglia

Siamo (stati) un popolo di risparmiatori, di oculate e scrupolose formiche in vista di scopi reali nella vita.
Ci hanno preceduto generazioni che hanno saputo risparmiare e dare un senso compiuto al risparmio.

Il risparmio (di una vita di lavoro) destinato agli studi presso una prestigiosa università per conseguire un titolo di merito e svolgere una funzione nella società, un servizio al prossimo: un mezzo per un fine importante, anzi un valore che valesse la propria esistenza.

Si risparmiava in una prospettiva di lungo periodo, affidando quel risparmio anche allo Stato, sulla base di un senso di appartenenza e di un rapporto privilegiato di fiducia (in sintesi, “trust”) tra individuo e collettività statale.

Il risparmio è servito a realizzare scopi con un elevato impatto di carattere sociale; è stato il basamento e perno della ricostruzione italiana del secondo dopoguerra grazie anche al riconoscimento di tale ruolo nell’art. 47 della Costituzione; la formulazione della norma costituzionale è espressiva del suo portato valoriale per la società di quel tempo: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del paese.”

Era a quei tempi (e lo è stato a lungo) buona prassi investire in Buoni Ordinari del Tesoro (BOT): titoli di debito pubblico a breve termine (scadenza di 3, 6 o 12 mesi), prestiti concessi da investitori allo Stato per un breve periodo; obbligazioni che “legano” l’investitore (creditore) allo Stato (debitore), sulla base di un calcolo rischio/rendimento rispetto alla scadenza (per approfondimenti, cfr. www.borsaitaliana.it). 

I BOT hanno avuto una straordinaria diffusione e goduto di grande fortuna nel nostro Paese perché hanno consentito una buona difesa del patrimonio risparmiato, un calcolo semplice del rendimento congiunto ad una immediata liquidità, stante la breve scadenza dell’obbligazione.

Meno conosciuti ma non meno importanti i BTP (Buoni del Tesoro Poliennali), obbligazioni tra investitore e Stato con un termine medio-lungo emessi (con scadenze di 3, 5, 7, 10, 15, 20, 30 e 50 anni) sul mercato con aste periodiche programmate: garantiscono cedole periodiche fisse; incassi regolari e predeterminati. I BTP, mantenuti fino alla scadenza, essendo emessi dallo Stato sovrano, sono obbligazioni con un profilo di rischio medio/basso (a differenza delle speculazioni rischiose sulle negoziazioni dei BTP relative alle oscillazioni dei rendimenti rispetto alle scadenze lontane nel tempo).

La crisi economica che rischia di prodursi per effetto della pandemia Covid-19 rende urgente una nuova riflessione sul ruolo del risparmio e dei buoni del tesoro, in virtù del valore morale insito nell’obbligazione e nella fiducia che si crea tra debitore e creditore, tra investitore e Stato, tra risparmiatore e comunità: tra mezzo economico e scopo di sviluppo socioeconomico.

La pandemia ci obbliga a trovare vie nuove e strumenti nuovi per sostenere il circuito finanziario che alimenta l’economia reale, per obiettivi concreti e, soprattutto, misurabili per entrambi i contraenti, regolato ad un dinamismo contrattuale che guardi agli interessi macroeconomici propri del diritto pubblico dell’economia.

Tale riflessione si rende necessaria in ragione della preoccupazione diffusa di una possibile e non auspicata crisi occupazionale, produttiva ed economica, che il Covid-19 potrebbe produrre sul piano anche nazionale, ove non assunte – per tempo – le opportune iniziative.

Sul piano interno, la riflessione diventa ancora più urgente, stante alcune recenti proposte che vorrebbero, per un verso, attingere risorse economiche dal patrimonio delle fondazioni bancarie ovvero, per altro verso, sostanziarsi in una patrimoniale o analoghi prelievi forzosi (in similitudine con quanto accaduto nel 1992). 

Prima di ricorrere a tali ultime due misure, estreme e straordinarie, mediante le quali si corre il rischio di sortire effetti inversi sulla nostra economia, con l’avvio di una spirale ulteriormente negativa (non essendo questa fase paragonabile al 1992, sia per contesto storico-istituzionale, sia per l’evoluzione dei flussi di allocazione del risparmio), varrebbe la pena verificare la fattibilità economica della emissione di nuovi titoli di debito pubblico, di obbligazioni aventi diversa scadenza, con diverso rendimento in funzione delle risposte che lo Stato è chiamato a dare alla sua comunità nei prossimi cicli. 

Le obbligazioni (di breve/medio/lungo termine) hanno il vantaggio di imporre una programmazione di scopo, di far compiere scelte, di individuare un preciso indirizzo politico e sociale su cui confrontarsi e chiedere la fiducia: così, anche la comunità è chiamata a interrogarsi su quale futuro per le generazioni che verranno. 

Patrimoniale, prelievo forzoso o uso del patrimonio delle fondazioni bancarie avrebbero l’effetto di dare liquidità immediata, di sopperire alle esigenze contingenti senza, tuttavia, assumersi l’impegno di uno scopo concreto, di una riorganizzazione e programmazione sulle decisioni che riguardano (o ipotecano) il futuro delle prossime generazioni, deresponsabilizzando il beneficiario e mettendo in crisi il rapporto di fiducia (“trust”) insito tra investitore e Stato in relazione allo scopo.

Su questa straordinaria fase della storia contemporanea dei popoli si misureranno non tanto diverse visioni politiche, quanto differenti visioni e percezioni della vita e delle priorità: è un problema di scelta e trade off  delle priorità e delle (antitetiche) vie da percorrere, tutti insieme come comunità. 

Il sistema tributario improntato al principio di progressività di cui all’art. 53 Cost. è evidentemente pensato e costruito su una situazione di ordinarietà e non è certamente sufficiente a offrire tutti gli strumenti necessari per uscire da una emergenza sanitaria, eccezionale ed imprevedibile, e dal conseguente precipizio economico nel quale rischia di far scivolare il sistema. Le regole basilari della scienza delle finanze ci ricordano poi che la pressione fiscale, oltre una certa misura, esercita un effetto non espansivo sulla crescita dell’economia, traducendosi in una sottrazione di risorse dal mercato dello sviluppo.

La crisi che rischia di affacciarsi alle porte della nostra società richiede una soluzione che trovi fondamento in un “patto” per la ricostruzione e in una “rinnovata fiducia” tra investitori e Stato. La via maestra non può che essere il risparmio allocato in obbligazioni di differenti durate, in funzione degli impegni che collettivamente assumiamo in ragione delle priorità che stanno emergendo sotto i nostri occhi. Gli scopi da considerare prioritari mediante l’emissione di tali obbligazioni potrebbero riassumersi nei seguenti:

  1. la tutela dell’ambiente, una maggiore salubrità anche dei contesti urbani e la sanificazione dei servizi di trasporto pubblico (locale e regionale innanzi tutto, coinvolgendo masse di lavoratori), considerato l’accentuarsi dell’emergenza sanitaria nei luoghi con maggior tasso di inquinamento;
  2. ammodernamento e consolidamento del nostro sistema sanitario ed ospedaliero, valorizzando il rapporto tra università, ricerca e sviluppo tecnologico e coinvolgendo il sistema industriale di avanguardia nella tutela della salute;
  3. coltivare la costruzione di un sistema di istruzione pubblica e privata di eccellenza, per recuperare il sistema del merito e la crescita delle competenze delle future generazioni;
  4. sviluppo di poli tecnologici, industriali e di ricerca per il settore hi-tech, essendo evidente che applicazioni e devices caratterizzeranno il rapporto tra cittadino e Stato in nuovi servizi (anche la giustizia è ormai telematica!).

Ciò che conta è l’istituzione di obbligazioni vincolate a scopi specifici: assicurare una rendita ed offrire un rendiconto, secondo il criterio della diligenza del buon padre e madre di famiglia. Un prestito in funzione di obiettivi identificati, di comune intesa, da tutte le forze politiche presenti in Parlamento per una ricostruzione industriale analoga a quella del dopoguerra in cui tutti si sono trovati riuniti da un medesimo obiettivo: la ricostruzione del sistema sociale, industriale, economico e culturale del Paese. 

La rendita dell’obbligazione andrebbe poi modulata in ragione del cronoprogramma degli investimenti assistiti: in caso di mancato rispetto dei tempi degli interventi, andrebbe prevista una rendita differenziata, dovendo lo Stato disporre dei mezzi idonei per far fronte alle obbligazioni assunte. In questa prospettiva, la Corte dei conti, quale organo di rilevanza costituzionale, con specifiche ed approfondite competenze economiche, contabili e di finanza pubblica, potrebbe rafforzare il suo ruolo di organo di garanzia costituzionale e di supervisione tecnica sul raggiungimento dello scopo e sul corretto equilibrio tra risparmio, fiducia degli investitori e adempimento delle obbligazioni assunte nel quadro di un rinnovato assetto, che le faccia assumere un ruolo ancor più centrale quale public advisor. 

Lo Stato-sovrano si impegna a modernizzarsi, ad innovare, a realizzare gli obiettivi strategici in un arco ventennale, misurabile e temporizzato con scadenze osservate, senza dover ricorrere ad ulteriori misure di pressione fiscale o indebitamento verso istituzioni terze o facendo ricorso alle ulteriori misure previste da Trattati UE (che tanti dubbi o preoccupazioni hanno suscitato).

Come per l’art. 47 Cost., con cui i Padri costituenti hanno dato valore alla destinazione del risparmio popolare a specifiche finalità divenute fondative del boom economico, egualmente è urgente individuare quelle nuove priorità su cui orientare una convergenza delle istanze rappresentate nel Paese ed, intorno ad esse, avviare la ricostruzione di una nuova crescita economica, culturale e sociale.

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