giovedì, 19 Dicembre, 2024
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Lavoro, quando si accende la spia della sicurezza

Sono passate da 16 a 23 le voci indicate nel “Protocollo per il monitoraggio degli Eventi Sentinella” pubblicato il 2 agosto scorso dal Ministero della Salute, ad un anno di distanza, settembre 2023,  dal Protocollo di monitoraggio degli Eventi Sentinella 6° Rapporto (Gennaio 2005 – Dicembre 2020).

Nel  Protocollo di monitoraggio degli eventi sentinella il Ministero della Salute definisce evento sentinella un “evento avverso di particolare gravità, potenzialmente evitabile, che può comportare morte o grave danno al paziente e/o che determina una perdita di fiducia dei cittadini nei confronti del servizio sanitario”.

Si segnala con piacere il lavoro redatto da Patrizia Cuccaro, Paola Maria Placanica e Maria Grazia Laganà, come documento puntuale, rigoroso ed esaustivo per i dati esposti e le modalità illustrate per la loro raccolta, in quanto riveste un importante ed utile punto di riferimento, da tenere costantemente presente, non solo per gli operatori del Servizio Sanitario Nazionale ma anche per i decisori politici e amministrativi, al fine di orientare una pianificazione organizzativa a breve e medio termine dei servizi sanitari.

Ecco perché risulta quantomai attuale una attenta e articolate riflessione sull’argomento elaborata, alcuni anni fa,  da Filippo Palumbo, già direttore Generale della Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute.

Il sistema sanitario è un sistema complesso per diverse variabili (specificità dei singoli pazienti, complessità degli interventi, esperienze professionali multiple, modelli gestionali diversi), al pari di altri sistemi quali le centrali nucleari, l’aviazione, la difesa militare. Dal momento che in ogni organizzazione complessa l’errore e la possibilità di un incidente non sono eliminabili, devono essere utilizzati tutti gli interventi possibili perchè siano, per lo meno, controllabili.

Il “rischio d’impresa” è proporzionale alla complessità dei sistemi stessi e numerose sono le variabili coinvolte: tale concetto si può estendere anche ai sistemi sanitari che paradossalmente avrebbero un basso rischio qualora prestassero assistenza sanitaria a “pazienti sani”. Numerosi sono gli strumenti e le norme condivise ed adattate per diminuire questa “rischiosità” intrinseca. Esiste, invece, una parte di rischio che potremmo definire come “rischio puro”, che dipende da variabili meno note, da circostanze occasionali, dal concatenarsi di situazioni che favoriscono l’occorrenza di un evento avverso. È su quest’ultimo aspetto, i cui confini non sono sempre delimitabili dal “rischio d’impresa”, che si sono costruite in questi decenni le politiche di gestione del rischio volte alla riduzione degli errori evitabili.

Partendo dalla considerazione che l’errore è una componente inevitabile della realtà umana (efficace in questo senso ed esplicativo di una filosofia è il titolo di un importante rapporto pubblicato nel 1999 dall’Institute Of Medicine – IOM “To err is human”) (Kohn, IOM 1999), diventa fondamentale riconoscere che anche il sistema può sbagliare creando le circostanze per il verificarsi di un errore (stress, tecnologie poco conosciute…), che restano latenti fino a quando un errore dell’operatore (active failure) non le rende manifeste.

Se non si può eliminare completamente l’errore umano, viene precisato da Palumbo, è fondamentale favorire le condizioni lavorative ideali e porre in atto un insieme di azioni che renda difficile per l’uomo sbagliare (Reason, 1992), ed in secondo luogo, attuare delle difese in grado di arginare le conseguenze di un errore che si è verificato

Esistono due possibilità per approcciarsi al problema degli eventi avversi in sanità, sottolinea Filippo Palumbo:

la prima si focalizza sul comportamento umano come fonte di errore attribuendo      l’incidente ad un comportamento  aberrante. Il rimedio è quindi costituito dalla riduzione della variabilità inappropriata del comportamento umano. Lo sforzo di prevenzione dell’errore si concentra sul miglioramento della conoscenza e della formazione individuale.

la seconda possibilità si focalizza sulle condizioni nelle quali accade l’errore, che è visto come il risultato di un fallimento del sistema, inteso come insieme di elementi umani, tecnologici e relazionali, fortemente interconnessi, interattivi e finalizzati ad un obiettivo comune. Il rimedio è indirizzato verso i problemi nascosti e profondi e ad una rimodellizzazione dei processi.

A quest’ultimo approccio dovrebbe tendere un sistema che voglia ridurre l’incidenza degli eventi avversi.

La sua applicazione in ambito sanitario richiede un fondamentale cambio di paradigma: considerare l’errore come fonte di apprendimento per evitare il ripetersi delle circostanze che hanno portato a sbagliare.

Promuovere la cultura dell’imparare dall’errore e non nasconderlo è una strategia vincente e appagante, come dimostrano esperienze già maturate in altri contesti.

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