venerdì, 13 Settembre, 2024
Attualità

Il Papa: “Il Libano è e deve restare un progetto di pace”

Nella giornata di oggi Papa Francesco ha ricevuto in udienza presso il Palazzo Apostolico i familiari delle vittime della tristemente nota esplosione di Beirut. Risalente al 4 agosto 2020, l’improvviso scoppio di un deposito di fertilizzante causò la morte di ben 235 persone, oltre 6500 feriti e 300mila sfollati. E non si dimentichi inoltre l’ammontare dei danni al porto e alla città ad una cifra di circa 3 miliardi di euro. A oggi, i sopravvissuti e i familiari delle vittime hanno trasformato la loro rabbia in azione politica. Si ritiene a ragione che la verità attorno alle cause dell’esplosione non sia ancora emersa, e che la responsabilità sia da attribuire anche alla negligenza della classe politica, che avrebbe addirittura ostacolato le indagini. Tanti interessi diversi confliggono attorno alla vicenda, ma dopo più di quattro anni ancora nessuno ha pagato per le proprie azioni. Verità e giustizia sono le virtù che il Pontefice invoca affinché i presenti all’udienza ottengano le risposte che cercano.

“Con voi chiedo verità e giustizia, che non è arrivata, verità e giustizia. Tutti sappiamo che la questione è complicata e spinosa, e che pesano su di essa poteri e interessi contrastanti. Ma la verità e la giustizia devono prevalere su tutto. Sono passati quattro anni; il popolo libanese, e voi per primi, avete diritto a parole e fatti che dimostrino responsabilità e trasparenza. Noi sentiamo e pensiamo che il Libano è un Paese martoriato. Non siete soli e non vi lasceremo soli, ma rimarremo solidali con voi attraverso la preghiera e la carità concreta.” Così si è espresso il Santo Padre.

Tra guerra e progetto di pace

Nonostante il Papa spieghi che “il Libano è un messaggio” e che “questo messaggio è un progetto di pace”, l’attuale situazione geopolitica del territorio è assai fragile. Proprio nella mattina di ieri, 25 agosto, è sembrato che fosse scoppiata la tanto temuta guerra regionale. Fortunatamente, entrambe le parti hanno saputo fermarsi prima del limite, rendendo tuttavia chiaro che si sia trattato di un’escalation. Infatti, fin dall’alba le postazioni di Hezbollah in Libano sono state bombardate da centinaia di jet israeliani, ai quali il movimento sciita ha risposto lanciando altrettanti missili, droni e razzi contro il nemico. Secondo quanto affermato dallo stato di Israele, si sarebbe trattato solamente di raid preventivi. Effettivamente, l’attacco reciproco è rimasto negli schemi della cosiddetta risposta proporzionata, nonostante sia la prima volta che i due schieramenti mobilitano così tanti mezzi. Da quanto è trapelato nelle ultime settimane, si sa per certo che il movimento sciita vuole vendicarsi dell’omicidio di Fuad Shukr, loro alto ufficiale e rappresentante. Un desiderio di vendetta che si acuisce proporzionalmente all’aumentare delle perdite, mentre dall’altro lato del confine si fanno sentire sempre di più gli appelli a favore di un’offensiva definitiva, specialmente da parte del Ministro della Sicurezza israeliano Itamar Ben Gvir.

Mentre i cedri libanesi chiamati in causa dal Papa “ci invitano ad alzare lo sguardo in alto, al Cielo”, le armi di ambo le parti non la smettono di puntare sempre più in basso, verso le radici profonde di due popoli nel pieno di una crisi umanitaria.

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