mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Economia

Cgia: “Al Sud si pagano più pensioni che stipendi”

Secondo gli studi dellʼAssociazione entro qualche anno il sorpasso può avvenire in tutto il Paese

Nell’ambito di un’analisi realizzata dall’ufficio studi della Cgia, emergono dati significativi sul saldo tra il numero di occupati e quello delle pensioni erogate in Italia. I numeri, riferiti al 2022, mostrano una realtà complessa e dalle implicazioni rilevanti per il futuro economico e sociale del Paese.

Nel 2022, il numero di lavoratori dipendenti e autonomi in Italia si attestava a circa 23,1 milioni, mentre gli assegni pensionistici erogati erano poco meno di 22,8 milioni, con un saldo positivo di +327mila. Una differenza positiva la quale indica che, a quell’epoca, il numero degli occupati superava quello dei pensionati.

Tuttavia, è importante sottolineare che questi dati risalgono a oltre un anno fa e che nel frattempo le cifre sono mutate. L’aumento degli occupati registrato recentemente potrebbe non essere sufficiente a mantenere il saldo positivo, soprattutto se si considera che anche il numero delle pensioni potrebbe essere cresciuto, potenzialmente in misura maggiore rispetto all’incremento degli occupati.

Le provincie con maggiore squilibrio

L’analisi rivela un quadro disomogeneo a livello territoriale. Alcune province del Sud Italia mostrano uno squilibrio particolarmente marcato tra il numero di occupati e quello delle pensioni. Lecce, a esempio, presenta il saldo più negativo con una differenza di -97mila, seguito da Napoli (-92mila), Messina (-87mila), Reggio Calabria (-85mila) e Palermo (-74mila). Uno squilibrio, questo, che non è attribuibile esclusivamente all’elevata presenza di pensioni di vecchiaia o anticipate, ma è piuttosto legato alla diffusione di trattamenti sociali e di inabilità, che amplificano il numero degli assegni pensionistici.

Il fenomeno è il risultato di diversi fattori interconnessi: la denatalità, il progressivo invecchiamento della popolazione, un tasso di occupazione inferiore alla media Ue e la presenza di lavoratori irregolari.

La combinazione di questi elementi ha ridotto il numero dei contribuenti attivi, aumentando la platea dei beneficiari di welfare. Questo problema non è esclusivo dell’Italia, ma è comune a molti paesi occidentali, che si confrontano con dinamiche demografiche e economiche simili.

Situazione squilibrata

Anche nel Nord Italia, nonostante una situazione economica più avanzata, si riscontrano squilibri significativi. Ben 11 province settentrionali hanno un saldo negativo tra pensioni e occupati. Le province con il saldo peggiore includono Genova (-20mila), Alessandria e Ferrara (entrambe -15mila), Biella (-13mila) e Savona (-12mila). In Liguria e Piemonte, a esempio, le province colpite da questo squilibrio sono particolarmente numerose. In contrasto con le aree in difficoltà, alcune regioni italiane mostrano performance virtuose. La Città metropolitana di Milano emerge come la più equilibrata, con un saldo positivo di +342mila tra occupati e pensionati. Altre realtà positive includono Roma (+326mila), Brescia (+107mila) e Bergamo (+90mila). Tra le province del Centro Italia, si distinguono Prato (+33mila), Pisa (+14mila) e Pistoia (+6mila).

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