domenica, 17 Novembre, 2024
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“Le mie tre sorelle “di Ashkan Khatibi emoziona ai Giardini della Filarmonica Romana

Uno spettacolo coraggioso e sapiente insegna cos'è il coraggio e conferma la grandezza del festival estivo dell'Accademia Filarmonica Romana

Nessuno può raccontare una donna meglio di un uomo capace di amare: la letteratura, la musica, il teatro lo hanno dimostrato attraverso i secoli e i capolavori artistici che li hanno attraversati: da Petrarca a Francesco Maria Piave, passando per Fabrizio De André. Questo assunto è vero a qualsiasi latitudine, ma se a realizzare questa narrazione è un regista che ha vissuto sulla propria carne la ferocia di un regime, quello iraniano, che odia le donne e ogni forma di bellezza. Ne è uno splendido esempio Ashkan Khatibi, regista e attore iraniano che con lo spettacolo “Le mie tre sorelle” racconta la storia di Sadaf Baghbani, una delle combattenti per la libertà, colpita da circa 150 proiettili da caccia durante le manifestazioni del 2022 in Iran, a seguito dell’uccisione di Mahsa Amini. Ispirandosi alle “Tre sorelle” di Cechov e attraverso le narrazioni di Sadaf e delle sue sorelle, Ashkan Khatibi ci mostra la brutalità che il regime iraniano mette sistematicamente in atto contro le donne e gli uomini che si ribellano all’orrore di un governo che uccide i suoi figli. Lo stesso Ashkan Khatibi ha dovuto lasciare il suo paese, per la sua opposizione al regime ed oggi vive a Milano, ma continua a lottare per la libertà, attraverso la sua arte, anche portando in scena uno spettacolo toccante, drammatico, pieno di dolcezza e rabbia, ma soprattutto, dignità e coraggio di queste straordinarie donne iraniane. Lo spettacolo si inserisce dentro la programmazione di “Harmoniae”, il tema di quest’anno dei Giardini della Filarmonica, il Festival estivo dell’Accademia Filarmonica Romana, che si presenta più ricco che mai, con 24 appuntamenti con artisti provenienti da tutto il mondo, da Tokyo a New York, da Città del Messico a Baku, da Teheran a Buenos Aires. Proprio la giornata dedicata alla cultura iraniana ci ha dato modo di conoscere lo spettacolo di grande spessore realizzato da Ashkan Khatibi, a cui è seguito un intenso concerto della cantante iraniana Solmaz Peymaei, in esilio e che nella sua terra di origine non ha mai potuto cantare in pubblico, perché donna. La sua splendida voce ci ha portato dentro il mondo magico della musica popolare persiana, resa ancor più vibrante dalle contaminazioni jazz conferite dall’arrangiamento. Tornando invece allo spettacolo “Le mie tre sorelle” di Khatibi, le attrici, in particolare Sadaf, mostrano una presenza scenica notevole e una grande disinvoltura, che si traduce in una sapienza d’uso del tempo scenico. La regia è ben dosata, a tratti intensa, a tratti ariosa, sottile fino all’umorismo, densa fino alla percezione fisica del dramma: c’è un momento in cui ci sembra di sentire sotto la nostra pelle i proiettili che hanno ferito il corpo di Sadaf. A fine spettacolo abbiamo intervistato Ashkan Khatibi, che si è offerto con generosità alle nostre domande.

Cechov è lo scrittore che ha cambiato la storia del teatro, ma è anche il medico che sa guardare alle storie che racconta con vicinanza e compassione. Perché ha scelto tre sorelle? Questo spettacolo può essere considerato una cura?

Come autore e regista sono sempre stato affascinato da Cechov. Ho lavorato su diverse sue opere quando ero in Iran. Ma quando dico lavorare, intendo usare le sue opere come piattaforma. L’idea di usare tre sorelle come fonte di ispirazione mi è venuta in mente perché Sadaf, la protagonista, ha tre sorelle e tutte avevano il sogno di lasciare l’Iran. Sadaf era in Italia, separata dalle sue sorelle, e desiderava che le raggiungessero… Così, a poco a poco, si è formato e si è incarnato nella mia mente. Non so se sia davvero una cura per il pubblico o per Sadaf stessa, ma sono sicuro che funziona come terapia per tutti i membri del gruppo. Dopo tutto siamo tutti lontani da casa e questo spettacolo ha anche un impatto nostalgico su di noi.

Il ritmo dello spettacolo è deciso, dinamico e introspettivo allo stesso tempo. Racconta anche la rabbia di una generazione a cui è stata tolta la bellezza. Quale aspetto della realtà giovanile iraniana volete mettere maggiormente in evidenza?

Ho scritto la commedia per il pubblico italiano perché in questo “Tre sorelle” le sorelle vogliono andare a Roma e non a Mosca! L’unico aspetto che volevo che la mia commedia assomigliasse e ricordasse la vera verità della lotta quotidiana di una donna iraniana per la sua esistenza. L’amara realtà che ti colpisce ogni giorno. Ho cercato con tutte le mie forze di scrivere da una prospettiva femminile e ancor più di pensare e sentire come una donna.

Nello spettacolo viene ricordata Hadith Najafi, nei panni di Nika Shakarami, che agisce sul palco come Sadaf Baghbani, testimoniando sulla propria carne l’inaccettabile violenza del regime iraniano. Cosa ha significato per lei mettere in scena un dramma così doloroso?

L’idea era proprio questa fin dall’inizio, perché per me questo spettacolo è una specie di documentario/dramma (docudrama).
documentario/dramma (docudrama) e ho scoperto che lei voleva essere mia studentessa anni fa e non è successo. All’inizio ero un po’ preoccupato perché, a parte la sua situazione medica, non aveva alcuna esperienza professionale, ma grazie a Dio è andato tutto bene e lei è perfetta in ogni singola performance che abbiamo fatto. C’è una battuta nella commedia che dice che è felice perché i proiettili non le creano problemi stasera!

Cosa può fare ogni persona che assiste allo spettacolo per sostenere la libertà del popolo iraniano? Quali sono i suoi prossimi progetti artistici?

L’arte è la soluzione finale per la crisi e il disordine in cui viviamo. Riportare la bellezza! Ho aiutato molti combattenti per la libertà dall’Iran e la gente comune dall’Italia mi ha aiutato. Il potere della gente è molto più forte di qualsiasi politica o organizzazione. Voglio far conoscere la realtà e l’antica cultura dell’Iran che ora è guidata dalla generazione z. Sembra che siamo pochi e non abbiamo soldi, potere o armi, ma credo che vinceremo questa lotta contro questa barbara dittatura religiosa. Potreste dire che sono un sognatore, ma non sono l’unico. State dalla nostra parte. Credo che gli italiani siano i nostri compagni.

 

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