sabato, 21 Dicembre, 2024
Esteri

Biden: accordo ancora possibile. Ben Gvir: tregua sarebbe una resa a Hamas

La Cina sostiene l’Iran. Pezeshkian convince Khamenei a rinviare la rappresaglia

La guerra infinita in Medio Oriente continua, ma per il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, un accordo per il cessate il fuoco “è ancora possibile”. In un’intervista il capo della Casa Bianca, ormai a fine mandato, ha spiegato: “il piano che ho messo insieme, approvato dal G7 e dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, è ancora fattibile. Sto lavorando letteralmente ogni singolo giorno con tutta la mia squadra per fare in modo che ciò accada e per evitare l’escalation in una guerra regionale, ma ciò può facilmente accadere”. Purtroppo non accade. Nel frattempo il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha smentito che vi siano contrasti con l’esercito: “Le forze di difesa israeliane stanno distruggendo Hamas in modo sistematico con l’obiettivo di demolire le capacità militari e governative di Hamas, nonché di liberare gli ostaggi”. Circolano anche voci che il nuovo leader di Hamas, Yahya Sinwar sarebbe interessato a un accordo, ma la fonte non è ufficiale. Mentre il ministro della sicurezza nazionale di Israele, Itamar Ben Gvir, ha affermato che un accordo con Hamas equivarrebbe a una resa. “Stiamo schiacciando Hamas”, ha affermato in un’intervista radiofonica: “Quindi, ora dovremmo andare a una conferenza e arrenderci? Sarebbe un grave errore da parte del primo ministro”. Ben Gvir ha anche ribadito che sarebbe opportuno interrompere gli aiuti a Gaza per qualche settimana per sconfiggere definitivamente i terroristi.

Diplomazia al lavoro su Iran

In Iran, invece, l’azione diplomatica sembra avere frutti. Ieri il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha avuto un colloquio telefonico con l’omologo iraniano ad interim Ali Bagheri Kani, con cui ha discusso dello stato delle relazioni bilaterali e della situazione in Medio Oriente. Il ministro degli Esteri cinese ha espresso il sostegno di Pechino all’Iran nella difesa della propria “sovranità, sicurezza e dignità nazionale”. Wang ha condannato l’assassinio del capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh, avvenuto a Teheran affermando che l’attacco ha violato la sovranità dell’Iran e minacciato la stabilità regionale, sottolineando che l’uccisione di Haniyeh ha “compromesso direttamente il processo di negoziazione del cessate il fuoco a Gaza e la pace e stabilità regionali”. Finora sembra che il neo eletto Presidente iraniano Masoud Pezeshkian avrebbe convinto l’ayatollah Ali Khamenei – che vorrebbe colpire il territorio israeliano – a rinviare la rappresaglia.

Giordania: no all’escalation

Anche il re di Giordania, Abdallah II, ha riaffermato “la necessità di trovare un orizzonte politico per raggiungere una pace giusta e globale basata sulla soluzione dei due Stati, come unico modo per garantire la sicurezza dei palestinesi, degli israeliani e dell’intera regione”. Il re ha assicurato che non permetterà che il suo Paese si trasformi in un “campo di battaglia” e che “la vita del suo popolo corra pericolo” nel caso di uno scontro tra Iran e Israele. Nell’attacco dello scorso aprile dell’Iran contro Israele, la Giordania, infatti, ha chiuso lo spazio aereo e impedito a droni e missili iraniani di arrivare in Israele.

Ucciso capo Jihad, Ashraf Juda

Quanto alle polemiche per l’attacco al complesso scolastico di Al-Taba’een, dove sono morte circa 100 persone, l’esercito ha ribadito di aver preso precauzioni per limitare i danni e di aver colpito i terroristi che operavano in un centro di comando e controllo dei terroristi, che era incorporato in una moschea insreita nella scuola. Israele sostiene che almeno 19 terroristi di Hamas e della Jihad islamica sono stati eliminati; tra questi il comandante Ashraf Juda. Hamas invece sostiene che tra i morti e feriti non c’era “un solo uomo armato.” L’Idf ha ribattuto di essere in possesso di un video in grado di testimoniare che “non c’erano donne o bambini nell’area prima dell’attacco”.

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