Aspro botta e risposta tra Governo e Fratelli d’Italia sulla istituzione, da parte del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega in materia di informazione ed editoria, Andrea Martella, di una “Unità di monitoraggio per il contrasto della diffusione di fake news relative al COVID-19 sul web e sui social network”.
All’organismo in questione è stato affidato non solo il compito di procedere al monitoraggio dei media, ma anche alla ricognizione e classificazione dei contenuti falsi, non dimostrati o fuorvianti, creati o condivisi con riferimento al virus, oltre all’analisi e valutazione delle modalità di diffusione e delle fonti di origine dei suddetti contenuti.
Senonché il presidente del Gruppo Fratelli d’Italia alla Camera dei deputati, Francesco Lollobrigida, e tutti i deputati della sua schiera, ivi compresa la leader Giorgia Meloni hanno rilevato qualche elemento di opacità riguardo alla procedura seguita per l’individuazione e la selezione degli esperti, senza dimenticare la valutazione delle specifiche competenze di cui dispongono, quali siano i parametri in base ai quali l’unità intenda classificare i contenuti ritenuti falsi, non dimostrati o fuorvianti e con quali strumenti intenda procedere alla loro analisi e, dulcis in fundo, quale sia la legittimazione giuridica che consente all’unità di valutare le fonti di origine dei suddetti contenuti, laddove tale prerogativa è riservata all’autorità giudiziaria e implica sia l’accesso alle comunicazioni sia un sindacato di merito sui contenuti editoriali, in palese contrasto con i principi costituzionali di cui agli articoli 15 e 21 della Costituzione e con le norme vigenti.
Le censure sono finite in una interpellanza urgente alla quale, il 9 aprile scorso, è stato chiamato a rispondere lo stesso sottosegretario Martella che ha difeso a spada tratta l’organismo: “un’Unità di monitoraggio chiamata a rendere maggiormente riconoscibili in rete i contenuti autentici, riconducibili a fonti ufficiali e istituzionali, distinguendoli da quelli fuorvianti e privi di certificati ancoraggi verità scientifiche, può agevolare il godimento del diritto individuale ad una adeguata informazione, senza in alcun modo tradursi in censure, senza menomare il pluralismo delle opinioni, né limitare l’esercizio della libertà di manifestazione del pensiero, riconosciuta appunto dall’articolo 21 della Costituzione”.
Di qui l’ulteriore precisazione che “la neoistituita unità di monitoraggio non ha alcun potere di vigilanza e tanto meno sanzionatorio o inibitorio, in quanto la sua natura è semplicemente quella di un gruppo di lavoro chiamato a focalizzare il fenomeno delle fake news e a fornire strumenti conoscitivi ai cittadini utenti del web, rafforzando il diritto ad essere informati e favorendo l’individuazione delle fonti istituzionali e accreditate.
In riferimento al mandato attribuito all’Unità di monitoraggio, è stato puntualizzato che la stessa riveste un carattere temporaneo, giustificato dalla fase emergenziale, che l’ambito di attività è circoscritto alle tematiche afferenti la diffusione del contagio da COVID-19 e la finalità è specificamente rivolta a contenere il pericolo che la diffusione di disinformazione e di contenuti falsi, non dimostrati o fuorvianti, nel perdurare dell’emergenza epidemiologica, possa indebolire le misure di contenimento del contagio virale ed accentuare la difficoltà della gestione emergenziale.
In definitiva, i compiti affidati all’Unità di monitoraggio meramente consultivi e senza che sia previsto alcun potere di vigilanza sanzionatorio o inibitorio, “lungi dal porsi in contrasto, mirano semmai a tutelare i principi e i diritti di libertà riconosciuti dalla Costituzione, in quanto favoriscono il diritto alla libera informazione pluralista, individuando, per quanto possibile, gli elementi di disturbo che inevitabilmente offuscano la capacità di discernimento dei cittadini e riducono la loro possibilità di essere correttamente informati e, di conseguenza, di adottare i comportamenti più appropriati a tutela della propria salute”.
Le risposte della Presidenza del Consiglio non hanno soddisfatto il Gruppo che ha ulteriormente ribadito le criticità, rimarcando che la designazione degli esperti, avvenuta “intuitu personae”, avrebbe dovuto essere esaminata almeno dalle Commissioni competenti e che nella task force “non è presente uno scienziato né un virologo”, nonostante lo scopo sia quello di combattere la disinformazione sul COVID-19. Censurabile anche il mancato riconoscimento della centralità del Parlamento in questa materia, esiziale per il futuro della democrazia.