Il primo ministro del Bangladesh, Sheikh Hasina, si è dimesso fuggendo dal paese lunedì, dopo settimane di proteste degenerate in violenza e in una sfida al suo governo. La partenza di Hasina rischia di creare ulteriore instabilità nel paese, già afflitto da disoccupazione, corruzione e cambiamento climatico. Per motivi di sicurezza, l’aeroporto principale di Dhaka ha sospeso le operazioni. La violenza ha causato circa 41 morti e 200 feriti. Il capo militare, Gen. Waker-uz-Zaman, ha assunto temporaneamente il controllo del paese. Le proteste sono iniziate pacificamente il mese scorso, quando studenti frustrati hanno chiesto la fine del sistema di quote per i lavori governativi che favoriva i legami con il partito Awami League di Hasina. La repressione ha trasformato le dimostrazioni in una sfida senza precedenti per Hasina, evidenziando la crisi economica in Bangladesh, con esportazioni in calo e riserve di valuta estera in esaurimento. Waker-uz-Zaman ha promesso un’indagine sulla repressione che ha causato quasi 300 morti da metà luglio, uno dei peggiori spargimenti di sangue dalla guerra d’indipendenza del 1971. Quasi 100 persone, tra cui 14 poliziotti, sono state uccise domenica e almeno 11.000 persone sono state arrestate. Hasina, intanto, è atterrata in India. La 76enne era stata eletta per un quarto mandato consecutivo in una elezione boicottata dai suoi principali oppositori. Migliaia di membri dell’opposizione erano stati incarcerati. Stati Uniti e Regno Unito avevano ritenuto poco credibile il risultato. Hasina aveva coltivato legami con India e Cina, ma sotto di lei i rapporti con gli USA e altre nazioni occidentali erano peggiorati per le violazioni dei diritti umani e la libertà di stampa. Il figlio di Hasina, Sajeeb Wazed Joy, ha dichiarato di dubitare che sua madre tornerà in politica, affermando di essere “molto delusa dopo tutto il suo duro lavoro”.