Apertura in netto ribasso per la Borsa di New York. A Wall Street l’indice Dow Jones cede il 2,76%. Il Nasdaq che arretra del 6,17%. La Borsa di Tokyo con l’indice Nikkei ha chiuso in ribasso del 12,4% a 31.458,42 punti, segnando il peggior calo di sempre dal Black Monday del 1987.
Crollo delle borse
Dall’Asia agli Stati Uniti, passando per l’Europa, i mercati scontano un’inquietudine dovuta alle deludenti trimestrali nel settore tech, mentre gli ultimi dati sul mercato del lavoro Usa (con 114mila posti di lavoro creati contro una precedente media mensile di 215mila e il tasso di disoccupazione che risale al 4,3%) riportano a galla i timori di una recessione.
Piazza Affari chiude la prima seduta della settimana in deciso ribasso, recuperando però in parte le perdite di una giornata caratterizzata dal nervosismo sui mercati. L’indice Ftse Mib lascia sul terreno il 2,26% a 31.293,52 punti. Non c’è quasi nessun titolo che si salva sul listino principale, se non a tratti Leonardo (ma alla fine chiude a -0,2%). Per il resto è una pioggia di vendite; dal titolo di Nexi che perde il 6,05% a 5,152 euro per azione, a Erg (-4,77%), Saipem (-4,41%) Hera (-4,01%), St (-3,9%), Tim (-3,1%). In rosso tutti i bancari, con Mps la peggiore (-3,2%) alla vigilia dei conti.
Sul fronte dei cambi, l’euro balza sul dollaro a 1,0967 (da 1,0835 venerdì in chiusura), toccando a tratti i massimi da sette mesi. Ma è lo yen la “moneta rifugio” in questa fase raggiungendo quota 143,2 sul dollaro e 156,99 sull’euro, in entrambi i casi al top dalla fine dell’anno scorso. Arretra ancora il BitCoin sui 54.500 dollari (-8%). Sul fronte materie prime, infine, gas debole a 35,5 euro al MWh (-3,2%) e il petrolio ai minimi da oltre sette mesi con il Brent di ottobre a 76,6 dollari al barile (-0,2%) e il Wti di settembre a 73,4 dollari (-0,1 per cento).
Incertezza geopolitica
A pesare anche l’incertezza politica, con la corsa alla Casa Bianca che si intensifica in vista del 5 novembre. Piazza Affari archivia la seduta in deciso ribasso, recuperando però in parte le perdite di una giornata difficile. L’indice Ftse Mib cede il 2,26% a 31.293,52 punti. Lo spread tra Btp e Bund tedesco chiude la seduta a 152 punti base, con il rendimento del decennale italiano sul mercato secondario al 3,67% mentre quello del Bund si attesta al 2,15%. Vanno leggermente meglio le europee con il Cac di Parigi che perde l’1,61%, il Dax di Francoforte l’1,73% e il Ftse 100 di Londra il 2,05%.
Ipotesi riduzione dei tassi
Alcuni analisti si spingono già a ipotizzare una riduzione d’emergenza dei tassi da parte della Fed, accusata in queste ore di aver atteso troppo per allentare la sua stretta monetaria. La prima a fare i conti con questa “tempesta perfetta” – a cui si somma lo scenario di crisi in Medio Oriente – è stata la Borsa di Tokyo con un tonfo del 12,4% che non si vedeva dallo storico “Black Monday” del 1987. Da lì gli allarmi si sono rapidamente diffusi sui listini europei che però sono riusciti a limitare la debacle chiudendo con passivi tra il 2% e il 3%, riducendo i passivi sul finale in concomitanza col dato sull’attività del settore servizi statunitense, tornato a crescere a luglio (come si aspettavano gli analisti).
Bce, margine di manovra ridotto
Riguardo alla situazione dell’Europa, Enrico Vaccari, responsabile clientela istituzionale di Consultinvest, ha dichiarato a La Presse che “una eventuale recessione profonda negli Usa avrebbe degli effetti molto più importanti” perché “qui non abbiamo nemmeno beneficiato di una crescita economica”. Inoltre, “il margine di manovra della Bce è più ridotto della Fed perché partiamo da tassi di interesse più bassi ma soprattutto da economie che sono molto disomogenee”.
Proprio le banche centrali sono in ritardo rispetto al ciclo economico perché “si sono concentrate troppo sul tema dell’inflazione e hanno trascurato dei numeri sul mercato del lavoro, che hanno iniziato a dare segnali di forte rallentamento. Il mercato quindi è in modalità in cui si aspetta una recessione, che arriverà e probabilmente sarà più dura del previsto”.
Sull’ipotesi di taglio dei tassi di ‘emergenza’, Vaccari preferisce usare cautela: “Se avvenisse, sarebbe un grosso errore perché i mercati percepirebbero che c’è una situazione ancora più grave. Credo che la volatilità rimarrà molto elevata nelle prossime sedute. Non è una semplice correzione, ma l’inizio di un bear market che durerà, secondo me, molto tempo”.
Recessione USA, forse
Secondo l’economista Fabio Scacciavillani, “una recessione profonda in Usa, al momento sembra improbabile. A preoccupare è più la situazione politica, non tanto quella economica di per sé”, “in Europa abbiamo anche noi le ‘gatte da pelare’, con i due Paesi guida, Francia e Germania, che stanno attraversando momenti difficili”.
Per Filippo Diodovich, senior market strategist di Ig Italia la Fed potrebbe avere “sottostimato gli effetti negativi di aver mantenuto i tassi di interesse su livelli elevati per lungo tempo”. Nel primo pomeriggio arriva una prima rassicurazione: il compito della Federal reserve – ricorda il presidente della Fed di Chicago – è massimizzare l’occupazione, stabilizzare i prezzi e mantenere la stabilità finanziaria quindi “se ci fosse un deterioramento su uno qualsiasi di questi aspetti, lo risolveremo”.