“Il Piano d’azione in tre anni siglato a Pechino è un approccio alternativo alla Via della Seta”. Incontrando i giornalisti nel corso del suo terzo giorno in Cina, il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni è tornato a difendere la decisione di non rinnovare il memorandum d’intesa firmato nel 2019 dall’allora governo Conte e ‘sciolto’ a dicembre: “Ho sempre detto che non condividevo l’ingresso italiano nella Via della Seta e dunque c’è stata coerenza, non era questo l’unico modo per avere rapporti con la Cina”. Per il Primo Ministro l’accordo non ha per niente funzionato: “Capisco le difficoltà di Giuseppe Conte perché aveva promesso che con l’ingresso dell’Italia nella Via della Seta si sarebbe riequilibrata la bilancia commerciale, ma nel 2022 quando siamo arrivati noi produceva un disavanzo per il Paese di 41 miliardi di euro”.
Il Premier ha ricordato che l’Italia era l’unica nazione tra le grandi dell’Europa occidentale a far parte della Via della Seta, “ma non eravamo la nazione che aveva il migliore interscambio con la Cina. Ci sono altri Paesi del vecchio continente, tra le principali nazioni europee, che hanno un volume di investimenti cinesi che è molto più alto”. Meloni ha quindi risposto allo stesso Conte che l’ha accusata di fare giravolte sulla Cina: “Non penso sia così perché quello che ho dimostrato ancora una volta è che si possono fare le cose seriamente e con coerenza”.
Risultati concreti
Il Presidente del Consiglio ha poi ricordato che grazie al Piano d’azione triennale appena ufficializzato sono stati raggiunti risultati concreti, con sei intese su settori chiave come la cooperazione industriale, la tutela delle indicazioni geografiche, la sicurezza alimentare, le materie ambientali e l’istruzione. Meloni ha quindi ricordato che gli obiettivi principali del governo italiano sono rafforzare la cooperazione con la Cina in un’ottica di riequilibrio della bilancia commerciale: “Oggi i nostri investimenti in Cina sono approssimativamente tre volte tanto quelli cinesi in Italia. Noi vogliamo comprensibilmente lavorare per rimuovere gli ostacoli relativi alla possibilità dei nostri prodotti di accedere al mercato cinese ed evidentemente garantire parità di trattamento per le nostre imprese”.
La polemica
Durante il punto stampa Meloni ha quindi affrontato il tema dei rapporti tra l’Italia e la Commissione europea, rispondendo alle recenti speculazioni mediatiche su possibili tensioni dopo la lettera che il Premier ha inviato a Bruxelles in risposta al rapporto sullo stato di diritto e la libertà di stampa: “Non vedo ripercussioni negative per il Paese, non ritengo che i rapporti con la Commissione europea stiano peggiorando”, ha dichiarato il Premier. Meloni ha chiarito il contesto della missiva spedita nei giorni scorsi alla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, spiegando che non si è trattata di una risposta o di un momento di frizione: “È una riflessione comune sulla strumentalizzazione che è stata fatta di un documento tecnico”, ha affermato, sottolineando che le critiche contenute nel documento non provengono dalla Commissione, ma da alcuni portatori di interesse. Nel mirino, alcuni quotidiani come ‘La Repubblica’, ‘Il Domani’ e ‘Il Fatto Quotidiano’. Parole, queste, che non sono piaciute alle opposizioni.
A partire dal Pd che tramite la deputata Anna Ascani ha criticato Meloni: “Invece di lamentare fantasiose macchinazioni si occupi di governare”. E ancora Sandro Ruotolo, Responsabile Informazione nella segreteria nazionale del Pd: “Quello che è successo ha un nome e cognome e si chiama lista di proscrizione. Una presidente del Consiglio, la donna più importante che abbiamo nel nostro paese, non può farlo. Non può dividere i giornalisti tra quelli anti Meloni e gli altri. Il giornalista deve essere indipendente e informare correttamente”.
“Quindi se c’è un problema di libertà di stampa in Italia è per via è dei giornali che muovono critiche al governo? Come sempre poi la colpa di tutto è di qualcun altro: i governi precedenti, i giornalisti cattivi, eccetera eccetera”, la domanda che si è posta la Senatrice del M5S Barbara Floridia, Presidente della Vigilanza Rai. È scesa in campo anche la Fnsi che ha denunciato il rischio concreto che liste di proscrizione, “di cui mai si è avuta notizia nelle democrazie più forti come Francia, Spagna e Germania o i Paesi del nord Europa”, possano trasformarsi in un rischio per l’incolumità personale dei colleghi additati come “giornalisti anti-Meloni”.
Rimanendo in ambito Ue, Meloni ha spiegato che una delle priorità al suo rientro in Italia sarà la nomina del nuovo commissario italiano a Bruxelles: “Abbiamo tempo fino al 30 agosto per fare questi nomi, credo che su questo bisogna fare anche una valutazione con i partiti della maggioranza”. In merito ai contatti con la von der Leyen, il Premier ha confermato che sono in corso dialoghi continui.
Nomine Rai
Con i giornalisti Meloni ha affrontato anche il tema delle prossime nomine Rai e della governance dell’azienda: “È sicuramente una cosa della quale dobbiamo occuparci nelle prossime settimane”, ha detto, aggiungendo di essere “assolutamente laica” riguardo alla riforma attuale: “Non è una riforma che ho fatto io, non l’ho neanche particolarmente difesa, quindi se quelli che l’hanno scritta oggi dicono che è pessima, possiamo parlarne”, aprendo così di fatto la porta a possibili discussioni e modifiche sulla struttura di governo della Rai. Riguardo alle voci di una possibile privatizzazione della Tv di Stato, il Premier ha smentito categoricamente. “Ho letto queste indiscrezioni, non so da dove siano uscite, non ho su questo niente da dire. Posso solamente dire rispetto a quello che ho letto e che mi è stato attribuito, che confermo di non avere bisogno di una ‘TeleMeloni’. Non ne ho bisogno, non mi interessa, non la voglio, che non sia chiaramente i miei canali social, che però segue semplicemente chi li vuole seguire”.
Preoccupa il Libano
Non poteva mancare un passaggio sulle tensioni geopolitiche in atto e Meloni si è detta particolarmente preoccupata per quanto sta accadendo in Libano e “per il rischio di una escalation regionale. Ogni volta che ci sembra di essere un po’ più vicini all’ipotesi di un cessate il fuoco accade qualcosa. Significa che ci sono diversi soggetti regionali che puntano a un’escalation e che puntano sempre a costringere Israele a una reazione. Lo dico anche per invitare Israele a non cadere in questa trappola. La Cina sicuramente anche qui può essere un interlocutore molto importante visiti i solidi rapporti che esistono con Teheran, con Riad”.
Polemica social
Infine, restando nel campo dell’informazione, da segnalare una polemica nata da un post da Riccardo Cassini, nuovo autore del programma ‘Affari tuoi’ che sarà condotto da Stefano De Martino al posto di Amadeus: accanto a una foto di Meloni in compagnia della figlia Ginevra a Pechino, ha scritto ‘La mamma dei fascisti è sempre in Cina’. Ironia assolutamente non gradita alla maggioranza. “Ora trascinare anche i bambini in quella che, venendo da sinistra, evidentemente sarà definita legittima ironia, ci pare una pessima caduta di stile”, il commento del presidente dei Senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri. “La Rai è talmente blindata dalla Destra che l’autore di lungo corso Riccardo Cassini, pagato da tutti i cittadini, ha la facoltà di insultare il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la figlia dalla sua bacheca Facebook” il commento di Fabio Rampelli, Vice Presidente della Camera in quota Fdi.