“Siamo tutti un po’ migranti”. Questo il messaggio che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha espresso davanti a una teca contenente passaporti di varie nazionalità, durante la visita al ‘Museo dell’immigrazione’ nel quartiere Mooca di San Paolo, in Brasile, in risposta alla guida che stava illustrando come questa nazione sia stata sia una terra di accoglienza sia un Paese di emigrazione.
Nella giornata di ieri, la terza del viaggio istituzionale che arriva 24 anni dopo l’ultima visita ufficiale del suo predecessore Carlo Azeglio Ciampi, il Presidente ha avuto modo di ammirare, accompagnato dalla figlia Laura, il museo, che è situato nell’edificio che, fino al 1978, fungeva da albergo per gli immigrati, i quali vi soggiornavano per un massimo di otto giorni prima di raggiungere la loro destinazione finale in Brasile. Questo luogo è stato una specie di ‘Ellis Island’ carioca. La maggior parte dei migranti, arrivati in treno dal porto più vicino, era di origine italiana, infatti San Paolo è sede di una delle più numerose comunità di discendenti nostrani, stimata in circa 5 milioni di persone. Le pareti del corridoio d’ingresso del museo conservano ancora le istruzioni per i nuovi arrivati.
L’Arsenale della speranza
Oltre alla visita al museo, l’inquilino del Quirinale ha avuto modo di vedere ‘l’Arsenale della speranza’, luogo gestito dal Sermig – Servizio Missionario Giovani – di Torino, e che ogni giorno ospita più di 1.200 dei cosiddetti ‘moradores de rua’, ragazzi e adulti senza una fissa dimora, una famiglia o un lavoro, con problemi di alcool e droga. Durante la visita all’Arsenale, Mattarella ha contattato Ernesto Olivero, fondatore del Sermig e suo amico personale, che aveva incontrato pochi giorni prima nel capoluogo sabaudo. Oltre alle sedi in Italia e Brasile, il Sermig gestisce un’altra struttura simile in Giordania.
Durante i saluti presso l’Arsenale, il Capo dello Stato ha sottolineato l’importanza di questi luoghi riconoscendo l’impegno di chi vi opera: “Vi ringrazio molto per questi regali, per questo ricordo straordinario che porteremo con noi. Ma, in realtà, il regalo lo avevo già ricevuto visitando l’Arsenale, guardando quello che avviene, che già conoscevo e sapevo attraverso Ernesto”. Mattarella ha poi aggiunto come questa sia “una straordinaria condizione che unisce l’Arsenale di Torino a questo di San Paolo, così come a quello che c’è in Giordania. È una condizione che sollecita molto, particolarmente, tutti quanti.
Perché parte da una convinzione di base che non dovremmo mai dimenticare: ciascuna persona – ciascun uomo, ciascuna donna – rappresenta un patrimonio irripetibile, unico al mondo. E non c’è nessuno, nessuna persona che sia mai perduta davvero. E questa è la motivazione che ha spinto Ernesto, e tanti con lui, e qui tante persone – in Brasile vedo tanti volontari, tanti operatori – a impegnarsi in questa straordinaria avventura. Grazie per quello che qui avviene” concludendo con un “non aggiungo altro, perché la parola che è sufficiente è soltanto grazie. Grazie per quello che fate. Passare dall’Arsenale a Torino, come qui, è certamente, ogni volta, una lezione di umanità, che serve a chiunque mantenere con sé e portare e custodire. Grazie per quello che fate e per quello che avviene qui”.